Il primo anniversario del massacro di Rabaa el-Adaweya è finito nel sangue. Eppure l’atteggiamento dei Fratelli musulmani, dopo la messa al bando del movimento a dicembre, e del loro braccio politico, Libertà e giustizia, è stato quanto mai guardingo.
La confraternita ha rinverdito così la tradizionale opposizione sociale e politica al regime che sa bilanciare la gestione del consenso con il compromesso politico. E se anche l’inciucio con le autorità fosse impossibile, come sembra in questi giorni in cui il pugno duro del presidente Abdel Fattah el-Sisi viene confermato, i Fratelli musulmani non cedono mai alla tentazione dello scontro violento e del terrorismo.

Ne è la conferma, il primo anniversario del massacro di Rabaa el-Adaweya, costato la vita a migliaia di sostenitori dell’ex presidente Mohammed Morsi. L’Alleanza per il sostegno alla legittimità (di cui fanno parte i Fratelli musulmani, alcuni movimenti salafiti e le gamaat al islamya) ha chiesto ai suoi sostenitori di marciare verso piazza Tahrir e di bloccare al traffico pacificamente i luoghi del massacro: Rabaa, nel quartiere Medinat Nassr, e Nahda, all’ingresso dell’Università del Cairo.
Gli islamisti vogliono la «punizione» dei leader del colpo di stato del 3 luglio 2013, responsabili della carneficina.
Nonostante le accuse di implicazione negli attacchi terroristici che il 24 gennaio 2014 hanno colpito il Museo di arte islamica al Cairo e delle continue violenze nel Sinai, i Fratelli musulmani hanno dagli anni Ottanta abbandonato ogni legame con la lotta armata per entrare nel sistema di potere, costruito dall’ex presidente Hosni Mubarak, come principale movimento di opposizione sociale al regime, prendendo parte alla vita parlamentare dell’Egitto.

Ma gli scontri a bassa intensità non si placano: 4 i morti nelle violenze tra islamisti e polizia. Le prime tre vittime nel quartiere popolare Matarreya, nella periferia del Cairo; la quarta nel sobborgo di Dar es-Salam. Ieri mattina, un poliziotto è stato ucciso da uomini armati in un agguato ad Helwan. Le proteste erano state precedute da decine di arresti nelle roccaforti della Fratellanza nel Delta del Nilo, mentre piazza Tahrir era stata chiusa a oltranza da giorni, con il presidio permanente dell’esercito, per prevenire ogni manifestazione.
Per l’Egitto il problema principale è la crisi economica. E l’ex generale Sisi sta puntando soprattutto sull’asse con Mosca. Dopo la visita al presidente Vladimir Putin, è stato annunciato un accordo per la creazione di una zona di libero scambio con la Russia in Egitto. Secondo le autorità, non si tratterà solo di scambi di merci esenti da dazi, ma gli accordi innescheranno una crescita negli investimenti esteri. «Speriamo che la Russia possa creare una zona industriale in coincidenza con il lancio del nuovo Canale di Suez che sarà completato in un anno», ha detto Sisi in visita a Mosca. Il riferimento è al progetto, annunciato la scorsa settimana, che vedrà raddoppiare il Canale di Suez.

Nella visita si è parlato anche del mercato del grano, estremamente problematico per l’Egitto. Le esportazioni di grano russo dovrebbero crescere nei prossimi anni, dopo la gravissima crisi del 2012, mentre Mosca ha promesso un incremento delle importazioni di prodotti agricoli dal Cairo. Potrebbe avere l’effetto di bypassare le sanzioni, previste dall’Unione europea contro Mosca, dopo la crisi in Ucraina.
Putin e Sisi hanno anche discusso di un accordo congiunto per la creazione di un sistema contro attacchi missilistici, per la fornitura di elicotteri per il trasporto militare, navi da guerra e Mig-29. Secondo la stampa turca, rientrando da Sochi sul Mar Nero, Sisi ha voluto evitare lo spazio aereo turco, facendo una lunga deviazione per rientrare al Cairo. La rotta sarebbe motivata dalle tensioni tra Ankara e Il Cairo e la dura opposizione del neo-eletto presidente Recep Tayyp Erdogan al golpe 2013.

Infine, non può mancare l’assoluzione per le pratiche dittatoriali del vecchio regime. È attesa per il 27 settembre la sentenza del secondo processo contro l’ex presidente Hosni Mubarak, accusato di aver ordinato di sparare contro i manifestanti. Condannato all’ergastolo, Mubarak ha visto azzerato il procedimento a suo carico per vizi procedurali. Da agosto, l’ex raìs è stato scarcerato e si trova ricoverato nell’ospedale militare di Maadi. Intervenendo per la prima volta in aula, steso su una barella, Mubarak si è dichiarato innocente e ha assicurato che sarà solo «la storia a giudicare il suo operato».

L’ex raìs ha poi rivendicato la crescita economica e i successi nella lotta al terrorismo nei suoi anni al potere, assicurando di aver esteso lo spazio per la democrazia e le libertà fondamentali. Il revisionismo è compiuto.