Siria, guerra fredda al G20
Occidente Fredda stretta di mano tra Obama e Putin, che schiera i Brics (Russia, Cina, India, Sud Africa e Brasile) contro l’intervento armato. L’Ue: solo la Francia con gli Usa
Occidente Fredda stretta di mano tra Obama e Putin, che schiera i Brics (Russia, Cina, India, Sud Africa e Brasile) contro l’intervento armato. L’Ue: solo la Francia con gli Usa
La crisi siriana stravolge l’agenda del G20 di San Pietroburgo, fino a oggi forum economico e finanziario mondiale nato per porre fine alla crisi scoppiata negli Usa nel 2007 e poi propagatasi all’intera economia mondiale. Oggi il summit diventa politico, se non militare. Barack Obama è entrato per ultimo nel palazzo imperiale Konstantinov, dopo un sorriso a denti stretti, per le tv, con Vladimir Putin. Incassato il sostegno all’intervento in Siria dal Congresso Usa, fino all’ultimo Obama non si è sottratto al confronto mediatico a distanza con il suo omologo russo, in un’escalation di tensione d’altri tempi. E oggi incontrerà le associazioni russe per la difesa dei diritti dei gay. Un affronto per il Cremlino, che ha da poco promosso nuove leggi omofobe. Anche il leader francese Françoise Hollande è isolato sul fronte europeo, visto che Cameron ha scaricato la posizione Usa su pressione del Parlamento di Westminister. Manuel Barroso e Herman Van Rompuy, in rappresentanza dell’Ue, hanno ribadito che è solo Parigi a voler intervenire, sebbene ritengano che le prove dell’uso di armi chimiche da parte di Assad esistano davvero. Tra i 20 paesi presenti a San Pietroburgo è quindi soltanto una minoranza ad appoggiare la guerra. Oltre all’Arabia Saudita e alla Turchia, il Giappone, la Corea del Sud, forse l’Australia e l’ambivalente Messico si potrebbero accodare a Washington e a Parigi. Con il calcare la mano della diplomazia russa e degli emergenti, e nonostante i continui richiami al diritto internazionale e all’Onu come sede principale dove decidere, il G20 di fatto emerge come un nuovo consiglio di sicurezza. Un consesso informale ma vero, dove si testano i nuovi equilibri mondiali e il lento declino dell’Occidente, sia nella sfera economica che in quella politica, generando una sindrome di isolamento crescente per l’unica super-potenza militare rimasta, gli Usa. Di fronte al precipitare della crisi in Siria, la Russia non si è sentita imbrigliata dal ruolo di presidente di turno del nuovo club dei potenti e ha rilanciato la sfida, tessendo ulteriori alleanze per mettere Washington all’angolo e vincere così il braccio di ferro. Una politica da guerra fredda che in maniera imprevedibile si è manifestata proprio in quel forum che, superando il G8, doveva rappresentare il nuovo mondo multipolare basato sulla cooperazione e sul coordinamento delle politiche economiche e finanziarie internazionali. La lettera arrivata da papa Francesco per la soluzione politica della crisi siriana, e rivolta a tutti i venti leader, ha battezzato di fatto questa evoluzione del G20. Già nel pomeriggio di ieri il responsabile della comunicazione del Cremlino aveva fatto intendere che in serata ci sarebbe potuta essere la discussione informale di «nuovi temi non previsti», ovvero della crisi in Siria. In mattinata un incontro bilaterale con la Cina aveva anche rafforzato l’asse tra Mosca e Pechino e ribadito il secco no alla soluzione militare, oltre a rimettere in discussione la fondatezza delle prove americane sull’uso da parte del regime di Assad di armi chimiche contro la propria popolazione. Quindi è stata la volta del mini-summit informale del Brics (Russia, Cina, India, Sud Africa e Brasile). Il presidente Putin in prima persona ha cercato di politicizzare ancor di più il loro ruolo nell’ambito del vertice, al fine di coordinare al meglio le posizioni del gruppo dei cinque. Ciascuno dei paesi Brics è già individualmente contro l’intervento armato in Siria, ma il loro riunirsi ha chiaramente rafforzato la posizione in sostegno alla Russia: pubblicamente sono state espresse le preoccupazioni anche per gli impatti economici del conflitto, soprattutto sui prezzi delle materie prime, nonché per i recenti casi di spionaggio informatico internazionale – si legga le accuse rivolte alla National Security Agency di Washington e lo scheletro nell’armadio, dell’asilo concesso da Mosca a Snowden. Ad arte Putin ha aperto l’incontro dei Brics attaccando i paesi occidentali per non aver rispettato gli accordi sulla riorganizzazione del sistema di potere all’interno del Fondo monetario internazionale. Guarda caso è il Congresso americano che oggi blocca la questione. A proposito dei Brics, qui è arrivato l’annuncio del finanziamento della loro nuova Banca con 50 miliardi di dollari di capitale, nonché la conferma del meccanismo di cooperazione finanziaria reciproca per 100 miliardi. I Brics sono poi tornati ad attaccare l’unilateralità delle politiche monetarie della Fed americana, che hanno generato problemi di volatilità dei tassi di cambio. Oggi gli emergenti pretendono che l’uscita dagli interventi di enorme creazione di base monetaria di Washington avvenga in maniera concordata. Nuovi fronti di conflitto che si aggiungono a quello siriano e accerchiano la diplomazia statunitense.
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