Sinopoli: «Un congresso per dire no alla scuola del mercato e dell’autorità»
Un'aula scolastica – Foto LaPresse
Scuola

Sinopoli: «Un congresso per dire no alla scuola del mercato e dell’autorità»

Congressi Cgil Intervista al segretario della Flc Cgil: partiamo dal miglioramento delle condizioni materiali degli insegnanti e del settore della conoscenza. Così potremo sconfiggere il piano di Valditara
Pubblicato più di un anno faEdizione del 14 febbraio 2023

Si apre oggi a Perugia il V congresso nazionale della Flc Cgil. Dopo 2.300 assemblee di base e la conferma del primato nelle Rsu, 6.000 delegati discuteranno con ospiti come il premio Nobel Giorgio Parisi e Luciana Castellina del futuro delle lavoratrici e dei lavoratori della conoscenza.

Francesco Sinopoli, segretario generale Flc Cgil, il titolo del congresso è “Lezioni di Pace” perché?
Ci è sembrato naturale perché rappresentiamo lavoratrici e lavoratori che normalmente educano alla cooperazione e al rispetto degli altri nella scuola, nell’accademia, nei conservatori. È un tema coerente con la posizione dell’intera Cgil che sostiene da sempre che la pace non si fa con la guerra. Oggi, davanti al rischio di un conflitto mondiale nucleare, ci è sembrato doveroso impostare il programma su questo.

Questo congresso arriva in una fase faticosa per il settore della conoscenza tra salari bassi e delegittimazione pubblica dell’insegnamento e della ricerca.
Di certo solo partendo dalle condizioni materiali delle donne e degli uomini che rappresentiamo potremo combattere per la pace e per il clima. Per quanto riguarda la delegittimazione è frutto di una narrazione che è il prodotto ideologico della società della competizione con l’intento di cancellare le grandi conquiste dei movimenti degli anni ’60 e ’70 che hanno portato alla costruzione di una scuola democratica. Le scuole sono state trasformate in soggetti di mercato. Il governo di destra vuole una sorta di “scuola dell’autorità” mentre noi diciamo che occorre ripartire dal senso della scuola non per difendere ciò che c’è ma tornare a quella pedagogia che serve a cambiare il mondo. Poi ci sono le condizioni di lavoro, difficili dopo 20 anni di questione salariale. Una questione che riguarda tutto il paese, certo, ma in questi settori c’è uno specifico: i lavoratori della scuola hanno tra le retribuzioni più basse della Pa. Tutto ciò mortifica il valore di questo ruolo nella società. Un impiego così centrale stritolato anche dalle dinamiche speculative delle città e non è questione di nord o sud.

E come si intreccia l’autonomia prevista da Calderoli con queste considerazioni?
C’è un attacco in questa direzione da molti anni ma oggi si è fatto un deciso salto di qualità. Il disegno del ministro Calderoli è opposto ai nostri valori e ai bisogni del paese e apre al rischio gigantesco di rendere le scuole delle sacche di consenso politico sul territorio, oltre a quello di accrescere le disuguaglianze e al pericolo per la libertà di insegnamento.

Gli studenti hanno manifestato contro l’alternanza scuola lavoro (Ptco), dopo le tre tragiche morti dello scorso anno.
La questione della sicurezza e dei morti sul lavoro è stata una battaglia storica del movimento sindacale. Nella scuola c’è qualcosa che va oltre. Noi l’avevamo già detto al precedente governo e continuiamo a dirlo: l’alternanza non deve essere obbligatoria e dobbiamo tornare a ragionare sul rapporto tra scuola e mondo che non è solo il mondo del lavoro. Andrebbe prevista una educazione solidale in cui lo studente si misura con attività che hanno utilità sociale.

Quale mandato spera di ottenere?
Dobbiamo contribuire a costruire un grande movimento dal basso per la democrazia che possa rispondere alla crisi della partecipazione.

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