Scuola

Sinopoli (Flc Cgil): «Boccia dica con chiarezza che la scuola non va regionalizzata»

Sinopoli (Flc Cgil): «Boccia dica con chiarezza che la scuola non va regionalizzata»Il segretario generale della Flc Cgil Francesco Sinopoli

Autonomia differenziata Il segretario della Flc Cgil Francesco Sinopoli sulle ipotesi avanzate dal ministro degli affari regionali Francesco Boccia: «I presidenti delle regioni non possono gestire la composizione delle classi, né i docenti possono essere obbligati a restare in un territorio. I problemi vanno gestiti a livello nazionale». «Domani abbiamo indetto lo sciopero di scuola e università contro l'emergenza climatica e saremo in piazza con Fridays for Future»

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 26 settembre 2019

Francesco Sinopoli, segretario Flc Cgil, dopo un incontro con il governatore lombardo Attilio Fontana (Lega) il ministro degli affari regionali Francesco Boccia ha sostenuto che i presidenti di regione potrebbero decidere «quanti studenti ci sono in una classe». Cosa ne pensa?
Di Boccia abbiamo apprezzato il metodo della trasparenza sull’autonomia differenziata. Da lui ci attendiamo che dica con chiarezza che la scuola non può subire alcuna misura di regionalizzazione. Quanto alla proposta, lo dico senza nessuno spirito polemico, penso che sia assurda. Non servono staterelli regionali che gestiscono la composizione delle classi. È impensabile che siano i presidenti delle regioni a farlo. Il problema va considerato globalmente: l’edilizia, gli organici, la didattica e le assunzioni. Questi non sono problemi regionali, ma di tutto il paese. Si articolano nei territori in modo simmetrico: a Nord c’è l’emergenza della continuità didattica perché mancano tanti insegnanti; a Sud invece c’è quella del tempo scuola. Il nodo è lo stesso: i fondi investiti sugli organici. Bisogna partire dalla stabilizzazione dei precari e programmare concorsi biennali, coinvolgere l’università, cambiare i parametri attuali come la riduzione degli alunni che accompagna quella degli organici. Questo facilita lo spopolamento di intere zone del paese. Boccia dovrebbe saperlo visto che viene da una regione coinvolta in questi problemi. Bisogna decidere le priorità nazionali e da lì investire.

Cosa pensa dell’ipotesi, avanzata sempre da Boccia, per cui un docente dovrebbe restare in un territorio «cinque anni, come si fa con l’agenzia delle entrate»?
Bisogna costruire possibilità occupazionali tali da permettere ai lavoratori di impiegarsi in questi territori. Lo si può fare attraverso gli strumenti del contratto nazionale di lavoro, non serve un vincolo normativo. Ci si confronta, eventualmente si costruiscono criteri basati su incentivi, ma l’idea dell’obbligo non è condivisibile.

Sull’autonomia differenziata il nuovo governo intende istituire i Livelli essenziali delle prestazioni e assicura una lotta contro le diseguaglianze tra Nord e Sud. È sufficiente per cambiare il senso di questa riforma?
Se in tutto il Mezzogiorno ci fossero gli asili e scuole e ciò fosse garantito dai Lep sarebbe ottimo. Ma tutto questo non c’entra nulla con le richieste di autonomia delle regioni che hanno altri obiettivi: il consenso elettorale a breve termine, ad esempio. A tutte le richieste avanzate dalle regioni ci deve essere un’unica risposta: quella dello Stato. È inutile inseguire una fittizia questione settentrionale. Lo abbiamo visto già con la vicenda della riforma del titolo V ella Costituzione nel 2001. Quello è stato un errore che si paga ancora oggi.

Bastano tasse di scopo su merendine e voli aerei per recuperare almeno i nove miliardi tagliati a scuola e università negli ultimi dieci anni?
No, basterebbe riconvertire tutti gli incentivi dati alle imprese spesso senza una logica e investirli in istruzione e ricerca. Basterebbe decidere che questa è una priorità nazionale nella legge di bilancio e non servirebbero tasse di scopo. Poi ci possono anche essere, ma visto che il bilancio dello Stato si fa attraverso scelte, allora partiamo dalle scelte.

Quanti investimenti sarebbero necessari per recuperare il terreno perduto?
Un punto di Prodotto Interno Lordo subito. Dieci miliardi di euro, non è una cifra enorme. Sappiamo che tra clausole di salvaguardia e altri capitoli di spesa sarà complicato quest’anno, ma è sostenibile in tre anni. Questo è il plafond da cui partire. Ricordo che già dieci anni fa eravamo indietro, ora la situazione è drammatica.

Come i sindacati di base domani avete indetto lo sciopero delle scuole e parteciperete alle manifestazioni dei «Fridays for future». Che significato ha per la Cgil unirsi a questo sciopero?
Per la Flc Cgil significa rispondere a questo grande movimento che ci ha chiesto un segnale chiaro. Vuol dire schierarsi sulla più grande emergenza della nostra epoca: la lotta contro l’emergenza climatica. Significa riconoscere che il mondo della conoscenza ha una responsabilità particolare: per ripensare il modello di sviluppo bisogna partire dall’educazione nell’infanzia e finire per promuovere la ricerca più avanzata.

L’otto marzo avete aderito allo sciopero lanciato dal movimento femminista. Quante possibilità oggi ci sono che tutta la Cgil aderisca allo sciopero del prossimo anno come accade ad esempio in Spagna?
Noi abbiamo aderito allo sciopero come Flc. In Cgil la discussione è articolata, ci sono posizioni diverse, e legittime, sul senso dello sciopero, come è vissuto dai lavoratori e quali ricadute ha. Lo sciopero sociale comporta una riflessione all’interno dell’organizzazione. Per aderire noi abbiamo fatto un direttivo nazionale dove abbiamo votato all’unanimità un ordine del giorno.

Avverrà in tutta la Cgil?
Lasciamo le scelte al dibattito democratico.

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