Esiste un momento nella carriera di un atleta nel quale non è più richiesto di sentirsi adeguati a un contesto. Le prove generali terminano, le vittorie e le sconfitte non alterano un’identità, i dubbi si dissolvono. Si scende in campo consapevoli delle proprie forze, per giocare meglio dell’avversario, per cogliere gli attimi favorevoli e fronteggiare quelli avversi. Semplicemente, per fare più punti possibili, dimenticandosi di curriculum e di bacheche altrui piene di trofei. Quella cesura per Jannik Sinner è accaduta ieri a Melbourne, affrontando Novak Djokovic nella semifinale degli Australian Open con la contezza di chi non è giunto per caso a quell’appuntamento. Una vittoria netta (6-1 6-2 6-7 6-3) che poteva essere schiacciante se non fosse che nel tennis certi punti valgono più di altri. Il campione di Belgrado, che in precedenza nello stesso torneo si era aggiudicato le dieci semifinali e finali alle quali aveva preso parte, è riuscito a evitare il peggio annullando un match-point e conquistando il tie-break che ha deciso il terzo parziale.

ERA SOLO una breve e casuale parentesi, all’interno di uno spartito che dall’inizio alla fine ha visto un giocatore capace di controllare la partita con un’aggressività mai fuori giri, mentre l’altro arrancava, incredulo di non riuscire a trovare le usuali ipnotiche contromisure. Sinner, reduce da due rocambolesche vittorie negli ultimi tre match con il serbo, questa volta ha costretto Djokovic a continui errori e a un vano inseguimento. Servizi potenti e profondi, cambi di ritmo e direzione, hanno creato da subito un divario incolmabile tra i due contendenti. E per chi si è alzato alle quattro del mattino in Italia, si stava quasi profilando l’incredibile ipotesi di recuperare almeno un’ora di sonno.Un giocatore capace di controllare la partita dall’inizio alla fine

È LONTANO il cinque settembre dello scorso anno, quando Sinner agli ottavi fu eliminato da Alexander Zverev al quinto set degli US Open. Nonostante gli ottimi risultati raggiunti nel corso della stagione, al ventiduenne di San Candido erano state prontamente imputate scarsa resistenza e incapacità cronica di superare gli avversari più quotati. Poi si aggiunse la rinuncia al turno di Coppa Davis per allenarsi meglio. E allora, attacchi a mezzo stampa con le inquietanti accuse di di lesa maestà. L’italiano era apparentemente caduto in una buca. E invece il giovane tennista, che ha iniziato a giocare seriamente più o meno quando Djokovic vinceva nel 2008 il suo primo Slam proprio in Australia, ha ribaltato la situazione in modo repentino, sorprendente pure per chi ha sempre creduto nel suo talento, rivelatosi non più tardi di cinque anni fa con le affermazioni nei circuiti minori. Vittorie a ripetizione, la finale alle ATP Finals e la Coppa Davis lo hanno catapultato nelle prime posizioni della classifica mondiale.

ORA TRA SINNER e il titolo degli Australian Open, è rimasto Daniil Medvedev, reduce da una sfiancante maratona, a tratti noiosa, con Zverev (5-7 3-6 7-6 7-6 6-3). Il russo nel corso di queste due settimane non ha dato gran prova di continuità e forma fisica. Tuttavia, le sei finali disputate, equamente distribuite tra Melbourne e New York, e il clamoroso successo del 2021 a Flushing Meadows che impedì a Djokovic di conquistare il Grande Slam, rappresentano bene le qualità e le insidie proposte dal moscovita. Sinner, dal canto suo, dopo sei sconfitte consecutive, negli ultimi mesi ha superato Medvedev in tre occasioni. Domenica un ragazzo in grado di sciare a Kitzbühel o Adelboden, potrebbe conquistare uno Slam che in Italia manca dal 2015, quando Flavia Pennetta se lo aggiudicò a New York.