A Pechino si è disputato il settimo atto di una sfida che promette di trasformarsi in un classico. Jannik Sinner e Carlos Alcaraz si presentavano al China Open in perfetta parità, tre vittorie a testa ottenute in match molto equilibrati.
In tutte le occasioni, almeno un set si è concluso al tie-break, a testimoniare come i due antagonisti si incastrino perfettamente e sappiano dar vita a confronti serrati, non privi di errori eppure spettacolari e tesi. Entrambi abili nell’adeguarsi alle diverse situazioni della partita e di capovolgere l’inerzia che apparentemente sembrava appartenere all’uno per poi finire nelle mani dell’altro.

I contendenti tornavano in azione dopo due sconfitte dolorose agli US Open. L’italiano, estromesso agli ottavi da Alexander Zverev, non era stato in grado di compiere quel passo in avanti che addetti ai lavori e tifosi ansiosi pretendono come se fosse obbligatorio essere da subito il prossimo Roger Federer o Rafa Nadal (quando per fare una grande carriera basterebbe emulare uno a scelta tra Andy Murray o Stan Wawrinka!). Lo spagnolo, invece, eliminato in semifinale da Daniil Medvedev, è come se avesse visto messa in dubbio la recente impresa di Wimbledon, con l’Highlander Novak Djokovic nuovamente in vetta alla classifica mondiale.
Alle delusioni statunitensi si sommavano, almeno per Sinner, le polemiche artificiose per la rinuncia alla Coppa Davis, interpretata come un tradimento della patria. Per fortuna, a tanti chilometri di distanza dall’inquietante e svilente retorica nazionalista, il campo è tornato protagonista.

GIUNTI in semifinale con percorsi diversi, più filante quello di Ancaraz, meno lineare quello di Sinner, il pronostico pareva favorevole al tennista di Murcia. Poi si inizia a giocare e il peso, la precisione, la forza, la velocità, la fortuna e tutto il resto decidono il risultato più di ogni ragionevole previsione.
Il primo set costava molto in termini fisici e mentali. Un parziale dall’andamento strano, con lo spagnolo che in due occasioni tentava la fuga strappando il servizio all’italiano che, a sua volta, in altrettante situazioni ricuciva lo strappo riportandosi in parità. Un equilibrio sorprendente per come si stava delineando la partita. Alcaraz dava l’impressione di poter controllare il gioco con un servizio più efficace e con la possibilità di allungare gli scambi a suo piacimento, rendendo vano il pressing dell’avversario.

Sinner, però, non si scomponeva e pur con qualche incertezza arrivava a disputarsi il set al tie-break. Vincerlo, per le energie spese, era fondamentale e così è stato, con il tennista di San Candido bravo a scappar via e a resistere al tentativo di rimonta dello spagnolo. Il secondo parziale, terminato con un più perentorio 6-1 per l’italiano, non è stato per questo meno combattuto. Alla fine, nonostante un servizio carente, la potenza e fluidità dei colpi hanno indirizzato la partita in modo persino troppo netto.
Sinner da lunedì prossimo sarà il quarto giocatore al mondo. Tra i tennisti italiani solo Adriano Panatta era riuscito nell’impresa e quando Nicola Pietrangeli raggiunse la terza posizione non si stilavano classifiche come quelle attuali.

Perché allora Alcaraz ha già vinto due Slam ed è stato numero uno del mondo, mentre Sinner si è dovuto accontentare di un Master Mille e di ottimi tornei conclusi poco prima del traguardo finale? La risposta più facile (e meno tecnica) è che l’altoatesino non sia ancora in grado di mettere insieme due o tre vittorie consecutive contro i più forti. A questo proposito, l’accesso al Master sarà un test interessante. Intanto, domani, Sinner proverà a vincere il terzo titolo dell’anno e a battere Medvedev, forse l’avversario con il quale si trova più in difficoltà. D’altro canto, la prima volta è tale perché non ha un passato.