Il commissariamento della seconda federazione regionale per numero di iscritti da parte della direzione nazionale di Sinistra italiana sta provocando molte reazioni in Toscana, perlopiù negative e facilmente rintracciabili in quella agorà pubblica che è la rete. Di fronte a un Pd che per bocca di Eugenio Giani plaude all’autonomia differenziata (“E arrivato il momento, la ministra Gelmini ha fatto un ottimo lavoro”), snobba di fatto le proposte di Rosy Bindi e Vannino Chiti di una forte iniziativa politica dem per il cessate il fuoco nel conflitto russo-ucraino, e conferma l’asse preferenziale con Italia Viva in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, agli occhi di militanti e simpatizzanti di Si il provvedimento evoca “purghe” di antica memoria.
Le comunicazioni ancora non sono arrivate ai destinatari: “Stiamo aspettando il dispositivo – spiega la segretaria commissariata Alessia Petraglia – le motivazioni e il nome del commissario”. Ma sia le parole di Fabio Venneri, responsabile regionale dell’organizzazione del partito toscano, che il comunicato ufficiale della federazione genovese, anch’essa commissariata, raccontano che le accuse sono quelle di aver espresso dissenso sulla linea di allearsi elettoralmente con il Pd lettiano, +Europa di Emma Bonino e l’Impegno civico di Luigi Di Maio, e di non essersi impegnati abbastanza in campagna elettorale.
“Come si misura l’impegno in campagna elettorale – osserva sul punto Petraglia – quando in Toscana abbiamo preso quasi il 5%?. A me invece pare che le motivazioni politiche risalgano alle elezioni regionali del 2020, quando due terzi dei nostri iscritti non accettarono di allearsi con il Pd e Italia Viva per eleggere Giani, e poi nessuno della direzione nazionale venne in Toscana per sostenere Tommaso Fattori”.
Quanto al dissenso, che ad agosto portò quasi un terzo dell’assemblea nazionale a chiedere, secondo lo Statuto del partito, una consultazione degli iscritti che fu invece negata, la segretaria commissariata risponde nel merito: “Il nodo è politico. Al nostro ultimo congresso, l’anno scorso, fu approvata una linea, quella di sostenere un ‘campo largo’ con Pd e M5s per battersi al meglio contro le destre. Se invece scelgo, come successo ad agosto, un accordo seppur ‘tecnico’ con il solo Pd, senza un tentativo con i 5 Stelle per poi ragionare col Pd per una proposta di governo alternativa a quella della destra, scelgo dove stare”.
Il risultato, nelle parole del politologo Antonio Floridia alla iniziativa post-elettorale “Sinistra, che fare?”, dopo un’analisi dei flussi di voti, ha detto che “nella scelta del Pd di fermare il dialogo con il M5s c’è stato il momento della perdita di speranza del centrosinistra di poter competere a queste elezioni”. “La sconfitta – osserva a sua volta Petraglia – è anche figlia di due dati. Uno di metodo: non si può chiamare al voto solo ‘per fare argine contro la destra’. L’altro di merito, perché non abbiamo opposto alla destra una visione di governo alternativa. A partire dalla pace, dal no al riarmo e all’invio di armamenti”.
Di fronte al commissariamento, i militanti toscani di Si non intendono comunque lasciare il partito: “Perché dovremmo farlo? Siamo una esperienza in crescita, abbiamo numeri ed energie. Ma siamo molto amareggiati, perché ci hanno dipinti come inadeguati, che il partito toscano è politicamente scadente, e che non abbiamo relazioni all’esterno. Eppure i nostri risultati dicono tutt’altro. Dicono che la sinistra in questo paese sarebbe ancora vitale, se avesse al centro della sua azione programmi politici precisi. A partire dalla pace”.