Si è svolto, il 13 luglio a Roma, un incontro di compagni di diverse parti d’Italia e di esponenti di rilievo di una sinistra più ampia, all’incrocio fra appartenenza a Sel ed impegno a proseguire nel progetto Tsipras. Una buona discussione che ha intrecciato diversi elementi: il goveno italiano, interno alle politiche liberiste europee, merita già oggi la nostra ferma opposizione; la crisi nel prossimo futuro si aggraverà; le contraddizioni aumenteranno; le lotte e le campagne sociali devono divenire la nostra agenda per sconfiggere il progetto renziano.
Partendo dal risultato della lista Tsipras e coinvolgendo altre esperienze, è emersa la esigenza di avviare un processo costituente. Detto meglio: di pratiche costituenti. Prodotte da lotte, nuovi linguaggi, comportamenti, fatti che possono maturare dall’incontro fra le energie fresche dislocate sui territori del bisogno, della sofferenza, dell’innovazione e le più sperimentate forze politiche. Un processo in grado di determinare una coalizione sociale e culturale, vera nervatura di una soggettività politica nuova, in grado di durare nel tempo.
Un processo che deve iniziare presto e bene (in questo c’è una critica alla posizione irrisolta ed incerta di Sel) senza precipitare in imbuti, ma sapendo e dicendo che quella è la direzione su cui si misura la capacità del gruppo dirigente della nuova impresa collettiva di essere all’altezza. Per estendere la base sociale e unificare politicamente la coalizione di una alternativa con ambizione di governo. Processo necessario per opporsi a quello renziano, potente e spregiudicato, in parte già costituito e costituente, avanzato ed avanzante, ma ancora aggredibile. Il 19 luglio è il primo momento di questo sviluppo. Occorreranno equilibrio e spirito di apertura.
Il “problema” Pd: altro punto critico non sciolto dentro SEL e nel dibattito della lista. Non deve essere un totem. Non dobbiamo corrergli dietro. Oggi c’è distinzione ed opposizione. Non è necessariamente nel nostro orizzonte nazionale ed europeo. Dipenderà in futuro dalla dinamica dei rapporti di forza. E’ poi emersa la questione delle regionali. Non sono il processo costituente dove tutto rischia di semplificarsi e di perdersi. Possiamo però provare ad attraversarle come un passaggio unitario in cui l’area plurale di cittadinanza che si è raccolta intorno a Tsipras, una parte di soggetti ad essa tuttora esterni, tutte le forze politiche di sinistra, si confrontano ed avanzano comuni proposte di governo (reddito sociale, pubblicizzazione dei beni comuni, rilancio della programmazione, salvaguardia del territorio).
La chiarezza nel rapporto strategico con il Pd non significa dire mai, o dirlo immediatamente, prima ancora di confrontarsi. Non è obbligatorio essere rozzi. Nelle singole realtà regionali dipenderà dai programmi dalla presenza di liste e personalità di centro e centro-destra, con l’occhio allo sviluppo nazionale. Una cosa non si può fare (e questo riguarda Sel): pensare che l’alleanza ovunque – o quasi – con il Pd, non sia minimamente contraddittoria con lo stare alla opposizione nazionalmente e sottacere che essa prelude, di fatto, in futuro, allo slittamento inerziale in una alleanza generale (se non in una confluenza). Al contrario, in una regione come la Calabria, l’internità del Pd al sistema di potere ed affaristico imperante dovrebbe indicare una via alternativa.
*Assemblea Nazionale SEL