Nel suo libro del 1989 Il potere delle immagini David Freedberg ha analizzato bene la forza persuasiva delle immagini, la loro capacità di muovere sentimenti, di coinvolgere il pubblico emozionalmente: i movimenti iconoclasti nel mondo bizantino medievale e nell’Olanda calvinista del Seicento esemplificano bene questo discorso, ma i casi studio sarebbero tanti, non ultimi i recenti atti di vandalismo contro le statue di Colombo. Per essere messe a tacere, le immagini, si sa, non devono necessariamente essere distrutte, possono anche essere sottratte alla vista; magari in silenzio, senza troppo clamore.

Su «Alias-D» del 15 marzo 2020 veniva recensita da Massimo Romeri la mostra L’invenzione del colpevole curata da Domenica Primerano al Museo Diocesano di Trento, di cui era direttrice. Quel colpevole era Simonino, ovvero il bambino trovato morto il 26 marzo 1475 presso la sinagoga di Trento del cui (presunto) omicidio furono incolpati gli ebrei, processati, torturati e condannati a morte. Alla notorietà del caso contribuì l’azione di propaganda dal principe vescovo Johannes Hinderbach – raffinato umanista per altro – che diede grande risonanza ai numerosi miracoli, anch’essi presunti, compiuti dal ‘martire’, il cui culto crebbe velocemente, con annessa ampia produzione d’immagini. Solo nel 1965, grazie all’impulso dell’allora direttore del Museo Diocesano, monsignor Iginio Rogger, si pose fine al culto di Simonino, e gli ebrei furono scagionati da quel cold case.

Ma il caso rimaneva in realtà caldissimo: la reliquia del corpo del non più martire Simonino venne rimossa dalla cappella a lui dedicata nei Santi Pietro e Paolo di Trento e Rogger la fece seppellire in un luogo rimasto segreto affinché quel culto ancora popolare, con tanto di processione annuale, non potesse mai riprendere vita. Ancora nel 1996 integralisti cattolici protestavano affinché il culto fosse ripristinato e al tempo della mostra alcuni manifesti furono imbrattati con scritte antiebraiche. L’eco di quell’iniziativa, grazie alla quale il museo è stato insignita del prestigioso «Grand Prix 2021» degli European Heritage Awards nella categoria Educazione, Formazione e Sensibilizzazione (il massimo riconoscimento europeo per il patrimonio culturale), è ancora ben viva; purtroppo.

Primerano era riuscita a ottenere che la Fondazione bancaria Caritro acquistasse, per il museo (a cui venne affidato per un comodato gratuito a lungo termine), un rilievo ligneo di inizio Cinquecento raffigurante un episodio della storia di Simonino che proveniva originariamente dal medesimo complesso – già nella cappella ai Santi Pietro e Paolo – di un altro rilievo, quello col Martirio, che dal 1965 era esposto nel Diocesano. Insieme ad altre opere, quei due pezzi sarebbero dovuti rimanere il focus della sezione Simonino all’interno della collezione permanente del museo, allestita nel 2021. Ma a qualcuno, o a molti, quella mostra, quella lucida analisi di un terribile episodio di antisemitismo di cui era stata colpevole la Chiesa, non è mai andata giù. Quella sezione è stata ora smantellata, il rilievo del Martirio è andato ad affiancarsi agli altri pezzi della stessa epoca, depotenziato nel suo messaggio storico-culturale, e l’altro è stato restituito (!) alla Fondazione, che ha deciso poi di destinarlo al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara. La cappella nei Santi Pietro e Paolo, inoltre, è oggi chiusa: Primerano aveva pensato a un progetto di musealizzazione, con l’intenzione di illustrarvi le tappe che avevano portato all’abolizione del culto di Simonino, ma questo ha suscitato un vespaio peggiore di quello seguito alla mostra, e il risultato sono state le dimissioni della direttrice. Il Simonino affaire viene ancora ricordato nel Museo Diocesano di Trento, accanto alla tomba di Johannes Hinderbach, ma le immagini disturbanti del suo mistificato martirio non sono più lì: evidentemente erano troppo potenti.