Simone Carella, le monache, Roma, Grotowsky
Teatro Le date chiave del poeta e regista, morto a 70 anni, attraverso le sue parole. Storia di un artista irriverente, sempre sospeso tra vita, teatro e poesia
Teatro Le date chiave del poeta e regista, morto a 70 anni, attraverso le sue parole. Storia di un artista irriverente, sempre sospeso tra vita, teatro e poesia
Le date chiave di Simone Carella attraverso le sue parole. Storia di un artista irriverente, sempre sospeso tra vita, teatro e poesia
CASTELPORZIANO. Nel ‘75/’76 alle elezioni a Roma aveva vinto la sinistra, Argan era diventato sindaco, Renato Nicolini assessore alla cultura. Col Beat 72 avevamo presentato un progetto per un festival di poesia, ma non c’erano le condizioni. Nel ’79 siamo tornati alla carica, intanto io avevo focalizzato l’idea di un festival internazionale in un luogo libero e aperto come la spiaggia… Per fare da mangiare avevamo fatto una colletta e cucinato un minestrone. Poi la sera tutti hanno fatto casino ma anche quello andava bene perché: «Il minestrone è poesia?» «Sì è poesia però ci sono poeti che non sono cuochi». Castelporziano è nato così.
IL TEATRO. Quando era ancora a Bari, le monache mi facevano recitare perché da bambino facevo il pagliaccio. Evidentemente ho sempre avuto una voglia di esibirmi.
IL DIONISO. Era a Roma, a via Madonna dei Monti. La sede l’aveva presa Giancarlo Celli che era l’animatore di questo teatro sperimentale. Celli è una figura importante. È stato il primo gruppo di teatro dove sono entrato. Era una cantinaccia con a malapena la luce. Facevo il tutto fare. Avevo 21 anni. La mia prima esperienza con il Dioniso è stata a Spoleto. Quell’anno c’era Jerzy Grotowsky con Il Principe Costante.
IL BEAT 72. L’avevano fondato Ulisse Benedetti col suo amico Fulvio Servadei, titolare di una nota profumeria a Roma. Erano due ragazzi di 22 anni che erano andati alla ricerca di un locale dove ballare la domenica. Volevano fare un Piper alternativo, un Piper dei poveri. Al Piper si pagava mille lire, al Beat 300 lire e si ballava solo il sabato e la domenica. Avevano trovato una cantina a via Gioacchino Belli vicino Piazza Cavour. Visto che durante il resto della settimana non c’era programmazione, le persone andavano a proporre qualcosa, zione, le persone andavano a proporre qualcosa, Giuliano Vasilicò, Gianfranco Mazzoni, Giancarlo Celli… La Beat Generation trovò nel Beat 72 il luogo dove raccogliersi. Lo stesso Carmelo Bene, non avendo spazi dove fare spettacoli, nel 1966/1967 si affittò il Beat 72 per un anno. Fece quattro spettacoli memorabili: Nostra Signora dei Turchi, Salomè, Amleto e Salvatore Giuliano.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento