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Simone Arcagni, realtà virtuale tra presente e futuro

Simone Arcagni, realtà virtuale tra presente e futuro

Il libro «Immersi nel futuro. La Realtà virtuale, nuova frontiera del cinema e della TV», Palermo University Press/RAI

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 5 dicembre 2020

Tutto quello che avreste voluto sapere sulla Realtà virtuale ma non avete mai osato chiedere, potrebbe essere questo il sottotitolo di «Immersi nel futuro. La Realtà virtuale, nuova frontiera del cinema e della TV» (Palermo University Press/RAI, pp. 320, scaricabile gratuitamente dalla rete) curato da Simone Arcagni. Il denso volume – dopo una serie di introduzioni istituzionali – si apre con un lungo saggio del curatore (docente e studioso di cinema e new media) che, dopo una breve ricostruzione storica, fa il punto sulla situazione attuale di questo dispositivo, elencandone tecnologie, generi, piattaforme e network, applicazioni, ecc. Anche perché si fa presto a dire VR, ma in effetti le forme in cui questa esperienza immersiva si articola, sono tante e vengono inglobate nella più ampia cornice della XR: dal film in 360° al real time, dalla realtà aumentata a quella mista, da opere senza interazione ad altre fortemente interattive. Proprio mentre è stato appena immesso sul mercato il visore Quest II, basato su un’alta qualità dell’immagine e caratterizzato dall’assenza del cavo grazie al wireless, la prospettiva futura che si delinea – come sottolineato da Arcagni – è quella di sostituire sempre di più il dispositivo invasivo dell’helmet con occhiali leggeri, in modo da poter rendere più immediata l’esperienza della VR.

Molto utile la mappatura dei festival internazionali dedicati alla VR curata da Giusy Mandalà, cui segue una serie di contributi di esperti e ricercatori che affrontano diverse tematiche, dal documentario (Schillaci) alle applicazioni nell’ambito dell’arte (Catricalà), dal teatro (Monteverdi) al mercato (Chessa). Tra gli interventi più teorici quello di Cavalotti e Pinotti che illustrano il progetto universitario di ricerca An-Icons, che stanno conducendo per l’Università di Milano e che si concluderà nel 2024. Le an-icons sono oggetti e ambienti mediali che mettono in discussione il proprio statuto di immagini-di. «In primo luogo – scrivono i due studiosi – nascondendo l’alto grado di mediazione tecnologica su cui poggiano, le ‘an-icons’ mirano a ottenere un’impressione di immediatezza. Inoltre, rifiutando l’usuale barriera tra immagine e realtà, esse aspirano a una condizione di assenza di cornice, che può portarle a distribuirsi a 360° intorno ai loro fruitori. Infine, superando il principio di referenzialità che stabilisce un legame ma anche una distanza tra un’immagine tradizionale e ciò che rappresenta, esse si propongono di realizzare un effetto di presenza».

A chiudere il «primo libro bianco italiano» sulla Virtual Reality voluto dalla RAI (che sta investendo molto in questo settore), un questionario proposto a una quarantina di studiosi, cineasti e curatori italiani e internazionali, che riflettono sullo stato delle cose ma anche sulle prospettive future di un territorio ancora tutto da esplorare e innovare. Guai lasciare questo tipo di tecnologia solo al cinema mainstream e al gaming, come scrive Arcagni «un’esigenza fondamentale è quella di sperimentare: le tecnologie, i formati, i modelli narrativi, gli ambiti di intervento. In questa fase ogni contenuto è un prototipo e in questa direzione bisogna sapersi muovere in maniera avveduta e non avventata sapendo scegliere le produzioni, sostenendo chi sta provando. Tenendo a mente che parliamo di territori che si ibridano e che sempre più si ibrideranno: teatro, arte, architettura, design, cinema, videogame».

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