Silvia Gribaudi: «Esploro con la danza i giochi infiniti fra amore, odio, emozione»
una scena da «Grand Jeté» – foto di Andrea Macchia
Visioni

Silvia Gribaudi: «Esploro con la danza i giochi infiniti fra amore, odio, emozione»

Incontri La danzatrice e coreografa racconta il suo nuovo spettacolo «Grand Jeté»
Pubblicato 12 mesi faEdizione del 20 ottobre 2023
Francesca PedroniMONCALIERI (TO)

IGuizzo espressivo, maestria nella comunicazione, vis comica intrecciata a carambole virtuosistiche: incontrare Silvia Gribaudi per farsi raccontare il nuovissimo Grand Jeté, in scena stasera e domani alle Fonderie Limone di Moncalieri per Torinodanza Festival e poi in tournée (prossima tappa il 4 novembre al Festival Aperto di Reggio Emilia), mette già in moto una sensazione di allegria e curiose associazioni di pensiero. Questa danzatrice e coreografa che con intelligenza e fantasia si è divertita a scardinare nelle sue creazioni il concetto glamour di bellezza per ribaltare dall’interno cosa può raccontarci l’essere umano nella sua sorprendente normalità, adora divertirsi con i codici classici.
Se con l’esilarante Graces Gribaudi giocava con Canova, in Grand Jeté parte da uno dei passi più iconici del balletto accademico e lo fa con la MM Contemporary Dance Company di Michele Merola, ensemble di Reggio Emilia da seguire con viva attenzione. Molti i coproduttori internazionali, da Torinodanza, che nella direzione di Anna Cremonini sostiene fin dagli inizi Gribaudi, alla Biennale di danza di Lione, al Théâtre de la Ville di Parigi, alla rete europea Big Pulse Danse Alliance. «È partito tutto dal titolo» racconta Gribaudi «adoro il significato dei termini usati nella danza classica, la passione che vi esiste e che suscitano le parole: tour en l’air, glissade, tombé, azioni che spalancano l’immaginazione. Così quando sento il termine grand jeté (che è un grande salto “gettato”) e vedo un danzatore che vola in alto con le gambe in spaccata, mi diverto a chiedermi e a esplorare con libertà, in rapporto al senso delle parole, cosa sia possibile “gettare” nell’aria con grandezza, quale genere di amore, odio, emozione».

“In scena con me ci sono dieci ballerini della compagna di Merola, un direttore che ti dà molta fiducia e con cui ci confrontavamo sulle nostre intuizioni da tempo»”

UN PUNTO di partenza per una ricerca nata anche per mettere in comune con il pubblico il significato di un codice e muoversi nell’energia nascosta dentro le parole: «In scena con me ci sono dieci ballerini della compagnia di Merola, un direttore che ti dà molta fiducia e con cui ci confrontavamo sulle nostre intuizioni da tempo. Insieme a questi ragazzi ventenni è stato bellissimo vedere quanto la loro energia trovasse forme e dinamiche anche spiazzanti a partire da un salto “gettato” nell’aria. Sono dei ballerini di una generosità estrema, che mi hanno dato tantissimo. Danzatori di solida formazione classica, abituati a lavorare con coreografi di oggi. Ho sentito con loro come nei giovani sia forte il desiderio di lanciarsi verso qualcosa di bello. Una spinta propositiva che invecchiando a volte non riusciamo più ad accogliere. Un dialogo gioioso e molto umano. Tante cose sono nate anche guardando le lezioni di classico da Merola a Reggio Emilia con quei movimenti di mani che i ballerini fanno quando ripassano le sequenze. Prima o poi farò un lavoro tutto con quei gesti delle mani! (ride, imitando i ballerini)».

A SCRIVERE la musica per Grand Jeté è Matteo Franceschini, Leone d’Argento della Biennale Musica di Venezia 2019. «È la prima volta che ho lavorato con un compositore che ha scritto tutta la musica di un mio lavoro. Siamo partiti dalle morti nella danza, Romeo e Giulietta e molti altri titoli. Ascoltando i grandi classici, Matteo ha iniziato a comporre e io a creare, all’inizio pensavo a un grand jeté anche come a un salto che ti porta metaforicamente da un luogo a un altro. Poi Matteo è arrivato in presenza e ha cominciato a modificare tutti i materiali. Una bella collaborazione. D’altronde Matteo è anche un grande performer, amo lavorare con persone che sanno cosa significa stare su un palcoscenico».

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