Is That Jazz? è un celebre brano di Gil Scott-Heron, eletto a titolo per un progetto-performance (che diventerà anche album) del vocalist Eric Mingus (figlio di Charles) e della contrabbassista-compositrice Silvia Bolognesi. Il debutto di Is That Jazz? – Celebrating the influences of Gil Scott-Heron è previsto per il 28 aprile a Firenze, al PARC alle ore 19, nella rassegna Mixité, con repliche il 30 al Torino Jazz Festival, alla Casa Teatro Ragazzi e Giovani, e il 5 maggio a Thiene per il Vicenza Jazz Festival.
Scrittore, pianista e cantante, tra i padri fondatori del rap, attivista – dal 1970 denuncia in musica la violenza repressiva della società Usa contro gli afroamericani – Gil Scott-Heron è figura di grande attualità e carisma; su di lui Silvia Bolognesi ha ideato una partitura incardinata sul famoso brano Revolution Will Not Be Televised, eseguita da un organico, variabile, di dodici elementi compresa la voce di Eric Mingus.
La musicista e docente toscana è anche reduce dalla due giorni di concerti a Pisa per il Fonterossa Day, VII edizione di un festival che vuole «immergersi nel sound d’avanguardia ed esplorare tutte le direzioni del jazz». Con Silvia Bolognesi abbiamo parlato delle sue iniziative.

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Gil Scott-Heron, poesia e furorePartiamo da questo progetto che hai fatto su Gil Scott-Heron. Perché hai scelto questa figura di artista militante?

Il progetto è nato dall’input di Jacopo Guidi, direttore artistico di Siena Jazz; il tema del loro festival era «la parola» e Scott-Heron – in quanto poeta e scrittore – ben si sposava. Ho così iniziato a lavorare con il mio gruppo di musica d’insieme dell’anno scorso, che ancora è la formazione con cui suono (Noemi Fiorucci, Lusine Sargsyan, Emanuele Marsico, Isabel Simon Quintanar, Andrea Glockner, Gianni Franchi, Santiago Fernadez, Matteo Stefani, ndr). La nostra prima è stata, quindi, a Siena a luglio 2023. Ho lavorato alla scelta dei brani – il repertorio di Gil Scott-Heron è vastissimo – e già avevo nelle orecchie la voce di Eric Mingus. Revolution Will Not Be Televised è, praticamente, il nostro concerto: facendo dei collegamenti al testo, passiamo ad altri brani o a frammenti di brani. Ho fatto un percorso-programma scandito da quel pezzo, infatti il recital non ha soste. L’album, prodotto dalla Fonterossa Records, lo registriamo in studio dopo il 28 aprile ma incideremo anche il concerto.

Hai sempre avuto un legame speciale con la scena di Chicago: Tomeka Reid, l’Art Ensemble of Chicago in cui militi, l’attuale sodalizio con Mike Reed. Ti interessano sia la scena «storica» che quella contemporanea?

Sì assolutamente. L’anno scorso è venuto al Fonterossa Day Avreeayl Ra, anche lui chicagoano: abbiamo fatto un po’ di concerti in Italia e negli Usa, è un batterista straordinario. In realtà scena storica e contemporanea sono collegate: anche l’A.A.C.M. è un’associazione che comprende musicisti più giovani e più anziani, una dinamica che ho cercato di importare.

Dal recente Fonterossa Day (Pisa, 20-21 aprile) quale spettro della musica alla fine viene fuori? Si sono esibiti musicisti come Reed, Griffin Alan Rodriguez, Carlotta Vettori…

Io spero che Fonterossa Day rappresenti una fetta dell’area creativa italiana dove i generi possano essere equiparati. L’importante è che ci siano creatività, libertà e rischio del singolo e del gruppo nel fare una musica personale. Devo anche ringraziare l’ottimo lavoro che vien fatto dalle associazioni sul territorio di Pisa, ci sono anche scuole superiori che vengono coinvolte.

Parlaci dell’edizione 2024 del Fonterossa Open Lab che, oltre a te, ha come docenti il violista Paolo Botti, il clarinettista Nicola Locatelli e il batterista Mike Reed.

Il Lab è da dove è nata l’orchestra: sono i laboratori che dal 2017 vengono fatti su vari sistemi di improvvisazione con notazione non convenzionale, grafica oppure scritta, dove si pratica la conduction. Ogni anno ho invitato un direttore differente e da almeno tre abbiamo musicisti che portano esperienze un po’ diverse: Gunther Baby Sommer (2022), Avreeayl Ra (‘23) e quest’anno Mike Reed. L’Orchestra, invece, è una formazione stabile che nasce dai due primi laboratori (2017-18); io e Francesco Mariotti siamo partiti su base volontaria ma l’orchestra è ampia, un magnifico villaggio colorato. Nel 2022 abbiamo scelto di festeggiare il 100° compleanno di Charles Mingus e quindi abbiamo girato proponendo l’album Mingus Mingus Mingus affrontato con il sistema della conduction, quello di Butch Morris di cui sono stata allieva e che uso abitualmente.

Il progetto su Gil Scott-Heron e il Fonterossa Day vedono protagonista il centro Toscana Produzione Musica. Secondo te stanno lavorando bene i centri di produzione? Hanno una ricaduta?

Per l’esperienza Fonterossa tantissimo perché, supportando i nostri laboratori, sono molto aumentati gli iscritti con allievi anche fuori dalla Toscana. Dai laboratori parte la scintilla più importante che è quella che genera la curiosità. Il progetto su Gil Scott-Heron, con tanti musicisti, per me sarebbe stato impossibile da attuare senza il supporto di Toscana Produzione Musica. Ben vengano i centri di produzione; è importante che producano materiale che può circuitare e che supportino un mondo espressivo che, altrimenti, è difficoltoso mandare avanti da soli, come ho fatto io per vari anni.

Hai fondato nel 2010 la Fonterossa Records. Immaginavi che da questa etichetta indipendente si sarebbe sviluppato questo insieme di iniziative?

Assolutamente no. Io nel 2010 ho avuto difficoltà a trovare un’etichetta per realizzare uno dei miei dischi preferiti, Large dell’Open Combo, e mi sono autoprodotta. Non avrei mai creduto che avrei prodotto altri Cd, dato vita ad un festival e ad un’orchestra… Sono felicissima.