Visioni

Silvano Agosti: «Sono le immagini a scegliere me»

Silvano Agosti:  «Sono le immagini a scegliere me»Scena dal documentario «Ora e sempre riprendiamoci la vita» di Silvano Agosti

Cinema «Ora e sempre riprendiamoci la vita», il film del regista a Locarno 71, dieci anni italiani dal 1968 al 1978. Scene di massa e interviste a testimoni e protagonisti fra cui: Dario Fo, Franco Piperno, Pietro Valpreda

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 4 agosto 2018

Non celebrare, ma far rivivere. Non ricordare, ma mostrare l’infinito possibile. Non seminare nostalgia, ma spingere a dirsi si può fare ancora, e ancora, e ancora finché l’umano vincerà sul non umano. Questa è l’essenza di Ora e sempre riprendiamoci la vita, l’ultimo film di Silvano Agosti presentato nella sezione Fuori concorso al Festival di Locarno, prodotto da Edizioni l’Immagine e distribuito dall’Istituto Luce Cinecittà che da fine settembre lo porterà in tutte le sale italiane. Composto da uno straordinario montaggio di immagini girate per la maggior parte dallo stesso autore, Ora e sempre è più di un documentario, è un racconto del desiderio realizzato e di nuovo realizzabile.

Regista, montatore, autore, esercente, scrittore, a 80 anni Silvano Agosti continua a essere, e definirsi, agitatore culturale ed è proprio il suo sguardo sensibile il filo conduttore di questo film che racconta i dieci anni dal 1968 al 1978. «In futuro – ha detto Agosti – se ci sarà uno storico onesto, sentirà come legittima la necessità di avvicinare quel periodo ai grandi eventi che hanno saputo cambiare il mondo come la rivoluzione francese e la rivoluzione russa».

Seduto davanti a un bicchiere di spremuta d’arancia e uno di acqua, che beve alternati, Agosti racconta che questo lavoro lo ha impegnato per due anni vedendo e rivedendo i materiali del suo immenso archivio. «Non sono stato io a selezionare le immagini – dice – ma loro a scegliere me. Per il montaggio in sé sarebbero bastate due settimane, ma bisogna dare all’immagine il tempo di emergere perché solo ciò che è forte torna in mente anche a distanza, ti resta, si imprime. Quando una scena, un viso, una testimonianza continuano a comparirti davanti, significa che lì c’è qualcosa che chiama. Il resto, ciò che si dimentica, lo si può tralasciare».

Silvano Agosti

Gli scontri di Valle Giulia, i cortei e gli slogan degli studenti, le occupazioni di facoltà e abitazioni, le aggressioni fasciste dentro la facoltà di giurisprudenza a Roma, il lavoro alienante, gli scioperi e le assemblee degli operai della Fiat e di porto Marghera, le rivolte dei braccianti in Sicilia con le mani dei contadini esplose per la durezza del lavoro, l’adesione della lotta fra studenti e operai, le prime rivolte femministe, il parco Lambro, il grande convegno degli studenti a Bologna nel ’77, le scene delle stragi di stato non raccontano semplicemente una cronologia dei fatti, ma mostrano l’energia e il desiderio di cambiamento che univa tutte le classi sociali in una rivolta vibrante. L’Italia è l’unico Paese al mondo dove tutto ciò durò un decennio e dove più che altrove la lotta di operai e studenti si fuse. Le scene delle masse in movimento sono inframmezzate da interviste a protagonisti e testimoni fra cui Oreste Scalzone, Franco Piperno, Mario Capanna, Alberto Grifi, Dario Fo, Franca Rame, Bernardo Bertolucci, Massimo Cacciari, Bruno Trentin, Nuto Revelli, Pietro Valpreda e che Agosti ha girato negli anni successivi, senza un fine immediato. «Mi interessava continuare a scavare dentro quel periodo, anche se non sapevo che cosa avrei poi fatto di quei documenti».

L’effetto a volte è straniante perché molti di quei testimoni sono parecchio invecchiati, altri sono scomparsi e ti viene da dire ’Accidenti, Agosti, come hai visto lontano’. Oppure si resta ammutoliti vedendo la commozione di Dario Fo mentre riguarda lo spettacolo in cui Franca Rame mette in scena lo stupro subito come vendetta per le sue lotte, o la bellezza di Alberto Grifi con quegli occhi di pece e luce. C’è infine una previsione importante fatta da alcuni testimoni e che nasce anche da una tecnica di colloquio tipica di Agosti. «Chiedo sempre, anche agli amici che conosco da anni, di presentarsi con nome, cognome, professione. Questo fa crollare le sovrastrutture ed emergere l’essenza, la verità». Sebbene le interviste siano raccolte in periodi diversi, quasi tutti gli intervistati dicono qualcosa che ricorre e dà speranza. E cioè che la vibrazione collettiva che portò a quella rivoluzione non è morta, ma continua a scorrere come un fiume sotterraneo che prima o poi, non si sa dove, non si sa ancora come né quando, riemergerà e farà scoppiare di nuovo il vulcano.

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