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Silent Servant e The Soft Moon addio, un ritmo da stendere sopra all’abisso

Silent Servant e The Soft Moon addio, un ritmo da stendere sopra all’abissoThe Soft Moon

Musica Trovati morti a Los Angeles i due musicisti statunitensi. L’uno dedito alla techno e l’altro alla dark wave, due traiettorie che si intrecciano in più punti

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 20 gennaio 2024

Un pomeriggio da incubo per gli appassionati di musica, quello di ieri. Sulle bacheche social iniziano a fioccare notizie sulla morte di un musicista, ma regna la confusione. A seconda della «bolla» di appartenenza e dei generi più amati – la techno, da una parte, e la dark wave dall’altra – appaiono due nomi diversi: Silent Servant e The Soft Moon. E in effetti, i due giovani e talentuosi musicisti se ne sono andati lo stesso giorno. Non è, probabilmente, una coincidenza; se infatti verranno confermati i rumors riportati da «Resident Advisor», i corpi di Juan Mendez e Luis Vasquez (questi i loro veri nomi) sono stati ritrovati senza vita, insieme a quello della moglie del primo Simone Ling, in un appartamento a Los Angeles, forse nell’ambito di una festa finita male.

MA AL DI LÀ dell’interesse morboso per questa tragica fine, il vuoto lasciato dai due musicisti statunitensi è grande. Se, infatti, la miscela di dark wave e post punk di The Soft Moon trovava ormai un buon riscontro di pubblico con la partecipazione nei maggiori festival internazionali, Silent Servant era considerato un alfiere della comunità techno underground.

Silent Servant

Era stata la sua appartenenza all’etichetta Sandwell District a lanciarlo, anche se «etichetta» è senz’altro una definizione troppo stretta per quello che fu un vero e proprio collettivo di dj e producer, attivo dal 2002 al 2011, che diede vita a un immaginario (Juan Mendez ne era tra l’altro art director) che virava la techno in direzione oscura, in chiave noise e dark. Un’evoluzione che si è andata ad affermare sempre più nella produzione solista di Mendez, divenuto nel tempo un dj ospitato regolarmente in mecche della techno come Berghain e Tresor, ma il cui background non era certo limitato alla musica elettronica, come testimoniava anche la sua trasmissione radiofonica abituale sull’emittente web Nts.

Se c’è un lato chiaro di me, penso che sia la capacità di esprimere così tanto di me stesso attraverso la musica. Non conosco nessun altro modoThe Soft Moon
Se Mendez, nato in America Centrale, si era poi trasferito da giovane a Los Angeles (iniziò a fare il dj a soli 16 anni), Luis Vasquez nella «città degli angeli» ci era nato, da madre cubana e padre messicano. La sua adolescenza l’ha trascorsa nella scena punk locale, suonando la chitarra in diversi gruppi. Il progetto The Soft Moon lo aveva fondato nel 2009, e presto aveva intrecciato un rapporto particolare con l’Italia. Si era infatti trasferito a Venezia per scrivere Deeper (2014), che rimane il suo album più influente insieme al successivo Criminal (2018) che segnò l’approdo all’etichetta Sacred Bones; entrambi vedono Maurizio Baggio come co-produttore e nella band dal vivo insieme a Vasquez sedeva, alla batteria, Matteo Vallicelli.

NELL’ABBRACCIARE insieme l’eredità musicale dei due scomparsi si può affermare che, in maniera del tutto peculiare, le loro due traiettorie si intrecciavano in più punti. Se infatti The Soft Moon aveva ormai imboccato una via più ruvida di matrice industrial alla Nine Inch Nails (come testimonia anche l’ultimo album Exister), la radice dark era ben presente nella produzione di Silent Servant (tra cui l’ultimo ep, uscito a novembre, tristemente intitolato In Memoriam). Due declinazioni diverse quindi di un’idea di musica oscura, legata in profondità a una visione esistenziale e al disagio di vivere in questo mondo, ma in continua ricerca di un ritmo da stendere sopra all’abisso.

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