Sulle scene dal 1986, newyorkesi del Queens, i Sick of it All possono essere presentati adattando una vecchia battuta cara ai fan di Springsteen. Gli appassionati di hardcore punk si dividono in due: chi ama i Sick of it All e chi non li ha mai visti dal vivo. Sì perché in ormai 35 anni di vita e con una line-up immutata dal 1992, il quartetto si è costruito, tour dopo tour, uno zoccolo duro di fan che non si sono mai sentiti traditi dai live show. La band non ha mai rinunciato alla propria vocazione indipendente e alle proprie radici. Il sound rimane ancorato a quell’aggressione sonora che era l’energia primordiale che alimentò la scena hardcore Usa, né è stato mai diluito il messaggio politico antifascista, libertario e ispirato alla tolleranza. «I nostri testi riflettono ciò che siamo. Vivi la tua vita e lascia che gli altri vivano la loro. Il nostro orientamento politico è più verso sinistra, ma ci sforziamo di non partire in quarta a prescindere e urlare addosso alla gente» sono parole di Lou Koller, cantante della band, che col fratello Pete, chitarrista, firma la loro prima biografia ufficiale The Blood and the Sweat, scritta con il giornalista Howie Abrams e edita in Italia da Tsunami. È un racconto a più voci che raccoglie testimonianze, aneddoti e fotografie di una carriera sempre in movimento. Pete e Lou con il batterista Armand Majidi e il bassista Craig Setari hanno onorato la loro idea di punk come un’ortodossia, ma in un mondo che è sempre cambiato attorno a loro. Dagli anni in cui le platee dei concerti hardcore erano autentici campi di battaglia, a quelli in cui il punk divenne la gallina delle uova d’oro delle major discografiche, dai concerti nei centri sociali berlinesi, fino ai grandi festival con decine di migliaia di spettatori: i Sick of it All sono rimasti fedeli a loro stessi e al loro pubblico. «Possiamo guadagnare senza derubare i nostri fan» scrive Lou Koller. Scelte come queste non producono ricchezza, ma producono lealtà. The Blood and the Sweat ripercorre una serie interminabile di avventure on the road di ogni specie (epocale una sfida con i nazisti dell’Arizona), è una cronistoria di un movimento, è anche una guida all’ascolto e una buona lezione per chiunque voglia intraprendere una carriera musicale, ma non solo. La morale è questa: vale la pena di versare «sangue e sudore» per qualcosa in cui si crede, ma per godersi il viaggio bisogna sempre rimanere ancorati ai propri ideali. Parola di punk-rocker.