Il Sicilia Queer filmfest di Palermo (30 maggio-5 giugno) comincia quest’anno con una serata all’insegna del reciproco arricchimento tra musica e cinema. La performance Lambdaphone di Roy Paci, Vincenzo Vasi e Massimo Ottoni porta in scena un progetto visivo e sonoro imperniato sulla lettera liquida «lambda», simbolo di scambio energetico e, negli anni Settanta, del movimento di liberazione omosessuale in quanto iniziale del verbo greco lýein, «sciogliere, liberare».

L’esibizione sarà preceduta dalla proiezione di due corti dalla sezione «Panorama Queer» dedicata ad autori da scoprire: Hideous di Yann Gonzalez – in anteprima dopo il passaggio a Cannes – e Bébé colère di Caroline Poggi e Jonathan Vinel, due proposte che trovano nell’infanzia il simbolo di un’innocenza perduta e forse impossibile per il genere umano.
Tanto nell’immaginario raggelato di Poggi e Vinel, lanciati a rotta di collo verso l’estinzione della specie, quanto in quello vintage di Gonzalez, l’infanzia è il filtro attraverso cui porre la questione del (non)senso e della necessità di oltrepassare i limiti dei codici della significazione. Anche questo è il queer: la destabilizzazione creativa di un ordine alienante, che costruisce artificiosamente devianza, minoranza, stranezza ed estraneità. Entrambi i film lavorano sul genere e sul gender, utilizzando soprattutto l’horror come espressione della biplanarità del desiderio tra attrazione e repulsione. Gonzalez, in particolare, prosegue la sua ricerca sugli stilemi del videoclip e sulla televisione d’annata, tra Tobe Hooper e Amanda Kramer, tra incubo notturno, sogno ad occhi aperti e stato allucinatorio, coronata in questo film da un cameo emozionante.

L’infanzia e il perturbante ricorrono nella sezione competitiva «Nuove visioni» attraverso opere capaci di offrire una panoramica ampia sul cinema queer contemporaneo. Sul fronte dell’infanzia c’è la delicatezza di un racconto di formazione come Petite nature di Samuel Theis, che esplora le gioie e i dolori della crescita in un bambino di dieci anni, e la saga famigliare The Cathedral con cui Ricky D’Ambrose interroga il concetto di norma. Sul fronte dell’orrore c’è l’universo cyberpunk di Kenichi Ugana che in Extraneous Matter narra la storia sospesa tra utopia e distopia di un’invasione aliena oppure l’efferato Jerk di Gisèle Vienne, da un testo di Dennis Cooper, che con burattini e un attore rievoca gli stupri e omicidi in serie compiuti negli anni Settanta da un adolescente texano.

Nell’anno in cui l’ospite della sezione «Presenze» è Mark Rappaport, con una retrospettiva che dà rilievo ai suoi videosaggi, capaci di leggere il cinema classico in controtendenza e portare una riflessione brillante sulle forme del cinema, il programma palermitano non poteva non dare spazio al melodramma, genere a lui caro soprattutto quando a praticarlo sono maestri come Douglas Sirk o Max Ophüls. Di quest’ultimo, nella sezione «Carte postale a Serge Daney», Rappaport ha proposto di proiettare l’amatissimo I gioielli di madame de… (1953) oltre ad aver scelto di ricordare Daney a trent’anni dalla morte con la proiezione di Tempesta su Washington (1962) di Otto Preminger, primo film su cui scrisse il fondatore della rivista Trafic ai tempi in cui collaborava con Visages du cinéma.

Il melodramma è però presente anche in «Nuove visioni» con l’argentino Errante corazón di Leonardo Brzezicki. Incentrato sulla forza interpretativa del notevole Leonardo Sbaraglia, quello di Dolor y Gloria, è un classico dramma su un uomo che giunto alla mezza età si trova inesorabilmente a fare i conti con tutto ciò che ha sempre cercato di evitare e di negare: la morte, la perdita, la solitudine, il dolore. Prova angoscia e si stampa in faccia un sorriso, la figlia patisce l’assenza della madre e lui fa di tutto per esserle padre e madre insieme, teme di invecchiare e si getta a capofitto nella seduzione seriale finendone irrimediabilmente deluso e ferito. Ma il viaggio verso un Brasile di speranza e malinconia pari a quella cantata dal Caetano Veloso di Coração vagabundo – da qui il titolo del film – gli permetterà di prendere atto che aprire gli occhi sulla realtà può essere difficile ma non del tutto tragico.

Infine, è dal Sicilia Queer che partirà la vita italiana di Wild Nights with Emily della regista americana Madeleine Olnek, film del 2019 che oscilla tra commedia e dramma in costume per restituire della poeta Emily Dickinson un ritratto affettuoso e scanzonato molto distante da un certo stereotipo che l’ha talvolta ritratta come anima sofferente dalla vita claustrale. La Dickinson interpretata da Molly Shannon è una donna innamorata e ricambiata sin dall’adolescenza da Susan che ne diventerà la cognata pur di starle accanto senza infrangere i codici sociali dell’epoca. L’impianto del film ruota attorno allo scarto tra due piste alternate, in un corpo a corpo tra narrazione e contro-narrazione: da una parte la conferenza tenuta dopo la morte di Dickinson dalla donna che volle riscriverne totalmente la biografia in chiave eterosessuale e menzognera, dall’altra parte l’esistenza della scrittrice si snoda dall’adolescenza alla fine in tutta la sua vivacità sentimentale lesbica con lo schermo spesso vergato dei suoi versi. L’intero programma del SQFF si trova su www.siciliaqueerfilmfest.it.