Economia

«Siamo in recessione», Conte anticipa l’Istat

«Siamo in recessione», Conte anticipa l’IstatIl presidente del Consiglio Conte ieri alla Borsa di Milano – lapresse

Il presidente del Consiglio "brucia" le previsioni sul quarto trimestre del 2018 che l'Istituto di statistica diffonde oggi: per il secondo periodo consecutivo avremo un Pil negativo. L'Ufficio parlamentare di bilancio: per disinnescare le clausole di salvaguardia bisognerà tagliare e resta solo la sanità

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 31 gennaio 2019

Recessione, dicono i manuali, è quando in almeno due trimestri consecutivi il prodotto interno lordo si contrae. Ci siamo. Dopo che il terzo trimestre del 2018 ha fatto segnare un -0,1% il quarto trimestre confermerà, e probabilmente aggraverà, la marcia indietro dell’economia italiana. L’Istat diffonde oggi le previsioni ma ieri il presidente del Consiglio Conte, parlando nella sede di Assolombarda a Milano, le ha anticipate: «Domattina (oggi, ndr) potrebbe uscire una nuova rivelazione Istat con una contrazione del Pil nel quarto trimestre 2018», ha detto.

Non è una «rilevazione» ma una stima. Il dato definitivo sul Pil nell’ultimo periodo dell’anno appena trascorso l’Istat lo presenterà solo ai primi di marzo; l’ulteriore brutta notizia è che l’analoga previsione per il terzo trimestre si era rivelata sbagliata, a consuntivo, per eccesso di ottimismo. Così come sempre più ottimistiche appaiono le previsioni ufficiali del governo sulla crescita, immortalate nella legge di bilancio. Ieri l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) – l’organismo indipendente che valuta le previsioni macroeconomiche nazionali nel quadro degli obblighi comunitari – nel suo rapporto annuale ha nuovamente messo in dubbio quelle previsioni, ricordando le oscillazioni gialloverdi: «In ottobre il governo ha presentato una previsione programmatica di crescita del Pil all’1,2% nel 2018 e all’1,5% nel 2019 (…) in dicembre ha rivisto le stime macroeconomiche riducendo la crescita attesa del Pil reale all’1,0% sia per il 2018 che per il 2019». Comunque lontana dai dati effettivi (al netto della prevista gelata del quarto trimestre, il Pil consuntivo del 2018 è già al di sotto dell’1%). Non solo, secondo l’Upb «sono stati segnalati i rilevanti rischi al ribasso, soprattutto peri il prossimo biennio. I dati congiunturali rilasciati successivamente hanno accresciuto i fattori di rischio, anche nel breve termine».

Ma dopo aver messo le mani avanti sui dati che verranno diffusi oggi – «che comunque riguardano il passato, noi dobbiamo guardare al futuro» – il presidente del Consiglio Conte ha voluto indicare una prospettiva favorevole: «Stiamo attuando le misure della manovra – ha detto, ancora ad Assolombarda – e dobbiamo pensare al rilancio della nostra economia. Seppure l’inizio di questo anno porterà ancora dati non positivi, ci sono tutti gli elementi per ripartire con tutto il nostro entusiasmo, soprattutto nel secondo semestre». Nelle sue previsioni, dunque, l’anno di svolta si è già ridotto a un semestre, il secondo del 2019. Nel quale l’economia per raggiungere l’obiettivo dell’1% messo in manovra dovrà praticamente impennarsi. «Entusiasmo», ma riuscirà il cosiddetto reddito di cittadinanza nell’impresa? Difficile, visto il tempo necessario per farlo entrare a regime. E proprio l’Upb nel suo rapporto stima che l’intero «impatto della legge di bilancio sull’attività economica (…) sul Pil sarebbe di 0,3 punti percentuali».

Non solo, l’Ufficio parlamentare di bilancio denuncia che «per il 2019 il quadro di finanza pubblica presenta caratteri di transitorietà per una serie di interventi una tantum sulle entrate e temporanei sulle uscite e soprattutto – come testimoniato dall’accantonamento di 2 miliardi (chiesto dalla Commissione europea, ndr) – di incertezza in particolare riguardo al disegno effettivo e alla realizzabilità delle misure». E resta il macigno delle clausole di salvaguardia su Iva e accise. Per disinnescarle nella prossima manovra, secondo l’Upb, non si potranno che tagliare le uscite. E «la spesa residua aggredibile è rappresentata in buona parte dalla spesa sanitaria».

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