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«Siamo in 11!», il Giappone visto dallo spazio

«Siamo in 11!», il Giappone visto dallo spazio

Maboroshi Il manga di Moto Hagio uscito nel 1975 analizza la società e il gender attraverso storie d'amore fantascientifiche

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 4 dicembre 2020

Dal settembre al novembre 1975, veniva serializzato in tre numeri speciali della rivista «Shojo Comic», 11nin iru! (Siamo in 11!), manga ora considerato un classico ed un lavoro emblematico per molte delle tematiche e preoccupazioni care alla sua autrice, Moto Hagio. Fantascienza sociologica messa su carta con lo stile tipico della fumettista giapponese, una delle matite che per temi affrontati e stile ha più contribuito a dare forma a certi filoni del manga contemporaneo, soprattutto quello shojo e yaoi, fin dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso. Siamo in 11! resta ancora oggi uno dei suoi lavori più conosciuti ed apprezzati, tanto che nel corso dei 45 anni passati dalla sua prima pubblicazione, ha dato vita a un film d’animazione, un adattamento televisivo, rappresentazioni teatrali e perfino radiodrammi.

La storia si apre in un lontano futuro, la razza umana ha conquistato lo spazio e incontrato varie razze aliene con cui convive più o meno pacificamente. Riflesso del presente come la miglior fantascienza del periodo, Siamo in 11! fin dalle primissime pagine ci presenta un gruppo di cadetti alle prese con un durissimo esame che permetterà loro di accedere ad una delle più prestigiose accademie. Spediti su un’astronave, questi esaminandi dovrebbero essere in dieci, ma si ritrovano in realtà misteriosamente in undici, senza per altro conoscere chi sia il membro in eccesso.

La sopravvivenza in questa base spaziale danneggiata ed alla deriva, per un lungo periodo e tutti assieme, costituisce l’esame che dovranno superare se vogliono accedere all’accademia militare. L’ossessione per gli esami di entrata alle università, quando non alle scuole superiori, attorno alla quale si sviluppano e si formano molte delle vite delle giovani generazioni asiatiche, Giappone e Corea del Sud in primis, è messa in primo piano fin dalle prime pagine e nel seguito della storia viene usata come filo conduttore per esplorare le personalità degli undici cadetti e i mondi da cui provengono.

Ognuno di questi esaminandi infatti ha le proprie ragioni per accedere alla prestigiosa accademia, chi nobile o ricco solo per mettere alla prova sé stesso, chi per ottenere un posto privilegiato nella società o chi addirittura per decidere il proprio gender. Senza troppo rivelare della trama, è doveroso notare come uno dei nodi centrali e più affascinanti del manga sia proprio la riflessione sulla sessualità biologica e sul gender, e la loro connessione con le strutture di potere vigenti nelle società che popolano l’universo del manga. A complicare le cose una strana malattia che si diffonde nel veicolo con l’aumentare della temperatura e che sembra aver già sterminato l’equipaggio che un tempo abitava l’astronave.

Il fatto che il manga non sia così conosciuto e letto al di fuori del Giappone, anche se ha la sua massiccia dose di ammiratori in Occidente, è probabilmente dovuto al fatto che si tratta, per il tratto usato, di un fumetto in puro stile shojo e cioè dedicato, in apparenza, ad un pubblico femminile, con tanto di storia d’amore a lieto fine. Ma le idee messe sulla pagina, l’atmosfera ed i personaggi creati sono quelli di un lavoro di altra caratura: Hagio qui come in altri suoi lavori – ci piace menzionare almeno la raccolta di storie A-A’ – attraverso storie d’amore inter-specie ed una trama degna della più ispirata Ursula Le Guin, esplora nodi filosofici sempre attuali con una particolare attenzione, come abbiamo visto, verso problematiche legate al genere.

Il lungometraggio animato realizzato nel 1986 e diretto da Satoshi Dezaki, è un ottimo punto di partenza per immergersi nel lento e riflessivo stile del mondo creato dalla mangaka giapponese, ma il manga, pubblicato in Italia da Star Comics alcuni anni or sono, resta una delle opere più affascinanti uscite negli anni ’70 nell’arcipelago nipponico.

matteo.boscarol@gmail.com

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