Si vis pacem para  pacem
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Si vis pacem para pacem

In piazza il 5 Verso la manifestazione del 5 novembre. Il famoso motto «Si vis pacem para bellum» ha almeno due interpretazioni. La prima, più immediata, è quella che ti comunica che se vuoi […]

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 4 novembre 2022

Verso la manifestazione del 5 novembre. Il famoso motto «Si vis pacem para bellum» ha almeno due interpretazioni. La prima, più immediata, è quella che ti comunica che se vuoi la pace devi armarti per dissuadere i tuoi potenziali nemici. La seconda, meno intuitiva, è quella che si traduce in un invito a prepararsi a combattere perché solo attraverso la guerra si può ottenere la pace quando c’è un conflitto non risolvibile diversamente.
Il dibattito sul nostro coinvolgimento nella guerra in Ucraina potrebbe portarci a modificare questo famoso detto in «Si vis pacem perpetua bellum» (se vuoi la pace prosegui la guerra). È la tesi di chi sostiene che bisogna continuare a sostenere militarmente il governo dell’Ucraina fino al raggiungimento della pace. Tutti costoro sono per la pace, ci mancherebbe altro! Sono tutti pacifisti, anzi sono per una pace «giusta», solo che per questa strada la pace potrà arrivare, come sostiene Zelensky, dopo che l’armata russa si sarà ritirata dai territori occupati. Il che significa che la Russia di Putin viene sconfitta dalla Nato e che Putin accetti di perdere non tanto la faccia quanto la vita, perché sa bene che dopo aver mandato al macello centinaia di migliaia di giovani non ha giustificazioni che lo salvino.

E’ questa la tesi a cui aderisce anche un’area significativa della sinistra storica, perché ritiene che se non avessimo inviato le armi all’Ucraina lo zar Putin si sarebbe impadronito di tutto il paese e avrebbe messo a Kiev un governo fantoccio. Il che è probabile. Ma, adesso che c’è stata la ritirata russa da una gran parte dell’Ucraina e le forze militari si sono concentrate nella Crimea e nel Donbass continuare a inviare armi sempre più sofisticate e micidiali – ormai diventate «d’offesa», come dimostrano troppi episodi bellici recenti, e non più solo di «difesa» come era pure la condizione che veniva richiesta da chi era favorevole, in chiave morale e da sinistra, alla centralità degli aiuti militari – che cosa ci aspettiamo che producano se non una risposta sempre più velenosa e distruttiva da parte di Putin. Dove vogliono arrivare coloro che insistono in nome della pace «giusta» ad inviare altre armi all’Ucraina? Sostenere di volere una pace «giusta» assomiglia tanto allo slogan berlusconiano di una giustizia «giusta», (cioè quella che sta dalla sua parte). L’alternativa è tra continuare questa guerra alzando sempre più il tiro, colpendo sempre più i civili e le condizioni di sopravvivenza del popolo ucraino, fino al rischio nucleare, o iniziare i negoziati a partire da un immediato «cessate il fuoco». Tertium non datur.

Immaginare che la Russia possa essere sconfitta sul piano militare è mera illusione. Non c’è riuscito Napoleone, che aveva conquistato la gran parte dell’Europa, e nemmeno Hitler che disponeva del più potente esercito degli anni ’40 del secolo scorso. Il rischio concreto, che è sotto gli occhi di chi vuole vedere, è che lo zar ferito diventi sempre più feroce, e pur di non perdere Crimea e Donbass è capace di distruggere un intero paese.
Immaginare che Putin possa essere fatto fuori dai suoi nemici interni – guerrafondai come se non peggio di lui – è abbastanza improbabile. Ogni dittatore è stato eliminato quando ha perso la guerra e non durante una guerra che, in generale, lo rafforza giocando sui miti patriottici.
La richiesta di apertura immediata di negoziati, come è stato fatto per il grano e mais, è la scelta più realistica, sensata e logica che si possa fare.
Il pacifismo oggi non ha niente di utopistico. Continuare questa guerra è follia pura, che fa gli interessi dell’apparato militare-industriale ma rischia di portare nel baratro l’umanità.

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