Si mangia da Bio in tutte le mense di Copenhagen
Il fatto della settimana Nella capitale della Danimarca il 90% del cibo servito ogni giorno nelle scuole, negli ospedali e negli uffici pubblici è biologico. E i costi sono contenuti
Il fatto della settimana Nella capitale della Danimarca il 90% del cibo servito ogni giorno nelle scuole, negli ospedali e negli uffici pubblici è biologico. E i costi sono contenuti
A Copenhagen i lavoratori delle mense pubbliche hanno festeggiato con grandi manifesti affissi in città un primato importante: il 90% dei cibo servito in asili, scuole, ospedali, ospizi, uffici pubblici, caserme e nelle case di persone assistite, è biologico. Senza far lievitare i costi.
NEL PAESE DOVE L’80% delle persone acquistano prodotti biologici ogni settimana (la Danimarca ha la più alta quota di mercato bio al mondo, con il 13,4%), le mense pubbliche sono un’avanguardia e anche la ristorazione si è dovuta adeguare: a Copenhagen si può mangiare biologico quasi ovunque, dai chioschi per hot dog ai ristoranti di fascia medio-alta, alcuni dei quali esibiscono il report di sostenibilità sul sito con l’elenco dei fornitori.
«Copenhagen ambisce a essere una delle città più sostenibili nel mondo – ci dicono dall’ufficio stampa del Comune – di conseguenza la classe politica si è proposta obiettivi ambientali molto ambiziosi su emissioni, mobilità e anche sull’offerta di cibo rispettoso dell’ambiente».
ORGANIC DENMARK, l’associazione danese che rappresenta tutti gli attori della filiera, ha creato 10 anni fa un sistema di certificazione per la ristorazione biologica sotto l’egida dal ministero dell’Ambiente e del Cibo che concede i marchi ed esegue i controlli gratuitamente. La certificazione consiste in 3 marchi assegnati alle cucine che sfornano rispettivamente il 30-60% (marchio di bronzo), il 60-90% (argento) o il 90-100% (oro) di alimenti biologici. I marchi concessi fino ad ora sono circa 2.500 in tutta la Danimarca: il 16% d’oro, il 39% d’argento, il 45% di bronzo.
LE MENSE PUBBLICHE di Copenhagen, che contano su circa 920 cucine per più di 80mila pasti giornalieri, si sono aggiudicate il marchio più ambizioso e lo rivendicano con un certo orgoglio. L’obiettivo dell’Organic Action Plan 2020 era stato fissato dal Comune nel 2007, quando il cibo bio nelle mense era già al 51%, ed è stato centrato dopo più di 10 anni di impegno e investimenti, in modo particolare sulla formazione del personale perché imparasse come e dove procurarsi gli ingredienti biologici, cosa cucinare e come, e come far tornare i conti.
PER PASSARE DAL CONVENZIONALE al 90% bio a budget invariato non è sufficiente acquistare prodotti certificati, serve ben altro savoir-faire: saper costruire i menù con prodotti stagionali, saper cucinare con ingredienti freschi, cioè senza l’uso di prodotti semilavorati che hanno un costo maggiore, proporre meno carne e ridurre a zero gli sprechi, come sanno bene le brave massaie.
DA ORGANIC DENMARK, che ha svolto la regia dell’operazione, ci dicono che un ruolo fondamentale in questa rivoluzione del cibo l’hanno avuto i sindacati del settore pubblico. Offrire cibo di prima qualità nelle mense scolastiche o agli ospedali ha dato nuova dignità al lavoro e maggiore valorizzazione delle competenze. Se prima gli addetti alle mense si limitavano ad aprire sacchi di cibo surgelato precotto e riscaldarlo, oggi sono cuochi che servono cibo fresco di qualità e sanno ridurre a zero gli avanzi alimentari. Nelle mense di Copenhagen – dove è possibile – non si compra nemmeno più il pane, tantomeno quello surgelato, ma si impasta e sforna pane fresco ogni giorno.
L’ASPETTO PIÙ COMPLESSO nel passaggio al biologico è stata la gestione degli acquisti e quindi la scrittura di gare di appalto adeguate al mercato. «Non era per nulla scontato che noi potessimo trovare i fornitori giusti – ci spiega la responsabile degli appalti pubblici del Comune di Copenhagen, Betina B. Madsen, che fa parte del gruppo di lavoro della Commissione Europea sugli acquisti pubblici verdi – il rischio era di fare una gara d’appalto che andasse deserta. Abbiamo quindi diviso gli acquisti in tanti lotti di sub-fornitura per creare le condizioni perché anche le piccole e medie imprese potessero partecipare».
Per individuare i possibili fornitori e offrire il massimo della trasparenza, il comune di Copenhagen ha organizzato incontri individuali con le aziende e una «Giornata di informazione per i fornitori» per chiarire le norme sugli appalti e sulla documentazione necessaria per partecipare.
«Sappiamo che la complessità burocratica è una barriera per molte piccole e medie aziende, per questo ci siamo impegnati nella semplificazione e nell’informazione. Inoltre i fornitori di prodotti agricoli hanno bisogno di tempo per adattarsi a una nuova domanda» dice Madsen.
I PUNTEGGI ASSEGNATI nelle gare riguardano per il 40% il prezzo, per il 35% la qualità e per il 25% la varietà dei prodotti. Poiché la qualità è difficile da sondare, soprattutto per frutta e verdura, è stato introdotto il criterio della varietà. «Facciamo un esempio: se acquistiamo mele, chiediamo ai fornitori di offrire il più alto numero di varietà di mele, quindi privilegiamo chi coltiva più varietà, rispetto alle mono-culture. In tutto i 7 fornitori attuali ne hanno proposte 183 tipi diversi. Questa varietà viene apprezzata non solo dai cuochi, ma anche nelle scuole dove gli insegnanti possono far sperimentare ai bambini cos’è la biodiversità offrendo mele di colori e gusto sempre diversi» dice Madsen.
ANCHE LA STAGIONALITÀ È UN CRITERIO fondamentale. «Stagionalità significa frutta e verdura di stagione nel luogo in cui sono coltivate – spiega Madsen – non necessariamente la stagionalità danese. L’importante è che i prodotti siano coltivati in modo naturale. Sappiamo che il rispetto della stagionalità è più importante della distanza dal campo alla tavola: meglio acquistare pomodori da un paese del Mediterraneo quando sono in stagione, che quelli coltivati in serra da noi in Danimarca».
Oltre alla certificazione biologica, altri requisiti richiesti ai fornitori sono l’utilizzo di imballaggi riciclabili e senza PVC, e veicoli a basse emissioni per le consegne.
CON QUESTI CRITERI, IL 60% DEL CIBO servito alle mense pubbliche di Copenhagen è danese, il resto proviene prevalentemente da Svezia e Germania, qualcosa dal Sud Europa, niente arriva dall’Asia. Altre città danesi stanno rincorrendo Copenhagen e il suo primato: Aarhus è arrivata al 60%, mentre i centri più piccoli fanno più fatica perché hanno budget inferiori e minori economie di scala.
Un pasto per il 90% biologico alle famiglie di Copenhagen costa l’equivalente di circa 3 euro, e anche meno (circa 1 euro) per quel 20% della famiglie con un reddito più basso.
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