Si Fest, un racconto sulla comunità yippie di Valle della Luna
Mostre La 32/a edizione della longeva rassegna di fotografia si è aperta anche con la italo-marocchina Sanae Mazouz nei giorni del disastro del terremoto. Fra i temi che attraversano la 32/a edizioni c'è l'idea di sconfinamento
Mostre La 32/a edizione della longeva rassegna di fotografia si è aperta anche con la italo-marocchina Sanae Mazouz nei giorni del disastro del terremoto. Fra i temi che attraversano la 32/a edizioni c'è l'idea di sconfinamento
Inaspettate e dolorose, nelle giornate inaugurali della 32/a edizione del Si Fest (mostre visitabili nei week end del 16 e 17, il 23 e 24), giungono a Savignano sul Rubicone le notizie del terremoto di magnitudo 7 che ha colpito il Marocco mietendo vittime e distruzione: un paese che per una strana casualità è evocato dal lavoro di due tra le autrici e gli autori presenti nel festival di fotografia più longevo d’Italia, Marco Zanella «per Rahma» e la giovane italo-marocchina Sanae Mazouz, vincitrice con Subtle Maze del Premio Marco Pesaresi 2022.
NEL «LABORATORIO SOTTILE» di Mazouz, al di là del suo personale imbarazzo nel tirar fuori la macchina fotografica «in un ambiente che forse non la richiederebbe», vengono tratteggiati i legami familiari attraverso la ritualità del quotidiano, il cibo e anche quella macchia rossa di sangue mestruale osservata nel fondo del wc dopo aver tirato lo sciacquone: «io e mia madre non avremmo potuto avere nulla da condividere» è la frase che accompagna la fotografia.
Pittura e fotografia sono per l’artista originaria della regione della Chaouia «una scappatoia l’una per l’altra». Testimone oculare è il titolo di quest’edizione del Si Fest, curato da Savignano immagini con il Comune di Savignano sul Rubicone, secondo appuntamento dedicato al potere pedagogico dell’immagine così come l’ha concepito il direttore artistico Alex Majoli. Stesso titolo del progetto realizzato da Arianna Arcara, Cristina De Middel, Lorenzo Vitturi e Marco Zanella con i loro reportage tra Romania, Moldavia, Marocco, Campania e Sardegna in cui ognuno ha prestato il proprio sguardo a quello di Carmen, Denis, Mohamed, Vitaliy, Rahma, detenute e detenuti della Casa circondariale di Forlì.
LA FOTOGRAFIA, quindi, come mezzo per rompere barriere visibili e invisibili per restituire vividezza alla memoria e libertà alla sospensione del tempo. L’urgenza della testimonianza investe, in particolare, Lorenzo Vitturi per Mohamed nell’Ex Consorzio di Bonifica: un racconto per frammenti sulla Valle della Luna, nel comune di Santa Teresa di Gallura, alla scoperta dei luoghi dove una comunità hippy si era stabilita dagli anni ’70 e che il 7 settembre scorso è stata sgombrata con un blitz delle forze dell’ordine.
«Partendo dall’aspetto naturalistico, da quell’ambiente incredibile fatto di granito, ginepro, luce e mare, pian piano mi sono avvicinato alla comunità che mi ha accolto dopo aver sentito la storia del progetto – spiega Vitturi – Mohamed aveva ben chiara l’idea di conoscere quel luogo attraverso le mie foto. Le persone ritratte sono sempre di spalle anche perché simbolicamente c’è un riferimento alla scelta di quella comunità autogestita di vivere in maniera totalmente scollegata dal mondo esterno».
L’IDEA DI SCONFINAMENTO attraversa la maggior parte dei lavori del Si Fest 2023 esposti nelle aule e nei corridoi della scuola primaria Dante Alighieri, con le foto vintage di Evidence (1975-77) realizzate da Larry Sultan e Mike Mandel (scienze), come in Abzgram di Karolina Wojtas (geometria), nei video Rituale numero uno di Angelo Vignali (fisica) e Descent Into Hell di Jacky Connolly (letteratura), in Eremozoic di Jim Naughten tra videogame e romanzo distopico (biologia) e Lee and the Sea Things di Olivia Arthur (religione).
Anche all’Istituto comprensivo Giulio Cesare gli studenti si ritrovano a convivere con le immagini fotografiche da Sleeping by the Mississippi di Alec Soth (geografia) a Oh Snap, le foto della scena musicale newyorkese anni ’80-‘90 di Ricky Powell (musica), Naadam di Marco Preti (educazione fisica), Inner Journey di Marvel Harris (letteratura) e nel coinvolgente What’s Ours della libanese Myriam Boulos (religione), interprete disinvolta di quella profonda crisi d’identità che lei stessa vive dall’interno mostrandone i momenti sociali più critici, come nell’ottobre 2019 quando Beirut è avvolta dalle fiamme e si grida alla rivoluzione e nella devastante esplosione nel porto del 4 agosto 2020.
VISITE GUIDATE, letture portfolio, incontri danno continuità alla vocazione del Si Fest che rende omaggio al fotografo riminese Marco Pesaresi (a lui è dedicato il Premio Marco Pesaresi per la fotografia contemporanea) con la mostra Rimini Revisited. Oltre il mare alla Sala Allende di Savignano e al Fellini Museum di Castel Sismondo, Rimini e con il laboratorio UnderSavignano, il fanciullino e Marco Pesaresi sulla ricerca del paesaggio interiore. A sostegno della collettività colpita dalla recente alluvione è indirizzata, poi, l’iniziativa Romagna tin bòta (in dialetto «Romagna tieni duro») che dopo la tappa di Cesena giunge a Palazzo Don Baronio (Circuito Off), promuovendo una raccolta fondi attraverso la vendita di immagini donate da 400 fotografe e fotografi internazionali.
Con un’analoga finalità nella centralissima piazza Borghesi sono esposte foto in bianco e nero in grande formato scattate da Marco Zanella in Romagna nei giorni dell’alluvione e pubblicate sulla fanzine Argini (Cesura Publish), i cui proventi derivati dalle vendite sono in parte destinati alla Scuola di musica Giuseppe Sarti di Faenza.
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