Lavoro

«Si chiude». I lavoratori Timken in presidio

«Si chiude». I lavoratori Timken in presidio

Licenziamenti L’annuncio della multinazionale. A Villa Carcina (Brescia) 106 posti a rischio. Fim, Fiom e Uilm hanno indetto uno sciopero di 4 ore per il 23 luglio

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 21 luglio 2021

«Avremmo voglia di spaccare tutto. Ma sarebbe controproducente. Quindi abbiamo deciso di stare buoni e restare in presidio». Roberto Cadei, operaio da 27 anni della Timken di Villa Carcina (Brescia) cerca un po’ d’ombra sotto la pensilina d’ingresso dello stabilimento mentre è il suo turno di presidio. Sono passate 24 ore dalla notizia che ha colto tutti di sorpresa: lunedì mattina – mentre Firenze scioperava in solidarietà con la Gkn di Campi Bisenzio – la multinazionale statunitense della componentistica auto, che ha acquistato lo stabilimento in Valtrompia nel ‘96, ha annunciato ai delegati sindacali l’immediata chiusura della sede e il licenziamento dei suoi 106 dipendenti.

Da allora è iniziata l’assemblea permanente dei lavoratori. Si danno il cambio per coprire i turni, hanno avuto il «permesso» di restare sotto la tettoia della portineria per proteggersi dal sole e non riescono ancora a capacitarsi di quanto accaduto. «Quando abbiamo saputo della convocazione – spiega Roberto – credevamo volessero ridurci le ferie, visto che fino a qualche settimana fa chi aveva chiesto più di 15 giorni si era sentito rispondere che il lavoro era troppo e che tre settimane non sarebbero state possibili». E invece, con uno striminzito comunicato in inglese, i vertici della Timken hanno dichiarato non più «economicamente sostenibile» l’attività della sede. Nessuna possibilità di appello. 12 mesi di cassa integrazione o – solo per pochi – il ricollocamento in un’altra sede del gruppo. In Romania. «Sono entrambe proposte inaccoglibili – spiega ancora l’operaio Cadei a nome dei colleghi. – Io ho una moglie e tre figli. C’è chi ha bambini in arrivo, il mutuo da pagare: gli stipendi si ridurrebbero sensibilmente».

Anche i mesi di cassa integrazione sono meno rispetto a quanto previsto dalla legge: 24 per l’esattezza. «Per averli serve però un accordo sindacale e con il Mise», spiega Antonio Ghirardi, segretario generale Fiom di Brescia. Ma al momento non si registrano reazioni da parte del ministro leghista Giorgetti. «Abbiamo ricevuto solidarietà da una parte della politica – raccontano gli operai. – Dal segretario di Sinistra italiana Fratoianni, da alcuni esponenti del Pd. Non si è fatto vedere, invece, Salvini, che era qui in Valle per farsi propaganda solo pochi giorni fa». La viceministra dello Sviluppo economico Alessandra Todde ha invece risposto con una nota: «Avvierò interlocuzioni con la Regione, l’azienda e le organizzazioni sindacali per discutere in che modo procedere. Fatto questo passaggio, valuteremo la convocazione del tavolo al Mise».

Restano, intanto, incrociate le braccia degli operai davanti ai cancelli dell’azienda. Nessun cedimento alle richieste da parte della governance di Timken di garantire il lavoro almeno per altre due settimane. «Sappiamo capire quando qualcuno vuol prenderci in giro – commentano ancora gli operai. – Vogliono che portiamo a termine quello che c’è in sospeso per beneficiare dei prodotti finiti e portare via quanto più materiale possibile. Ma non se ne parla”» Nelle prossime ore, sono previsti incontri con i rappresentanti delle istituzioni locali mentre gli abitanti della Valle fanno a gara per manifestare la propria solidarietà. «Io sono di queste parti e molti dei lavoratori di questa azienda sono anche amici. Non posso negare che la notizia è stata emotivamente pesante», confessa Ghirardi che per un momento sveste i panni del sindacalista.

Quelli di Villa Carcina, purtroppo, non sono gli unici in questa situazione. All’elenco si aggiungono i 152 della Gianetti Ruote di Ceriano Laghetto (provincia di Monza e Brianza). Per non parlare degli oltre 400 della Gkn e i 300 della Whirlpool di Napoli. «Non è un caso che queste vertenze arrivino tutte insieme. Le aziende non aspettavano altro che lo sblocco dei licenziamenti da parte del governo. – aggiunge Ghirardi – Il messaggio era chiaro, soprattutto dopo che il ministro Giorgetti ha dichiarato che ’licenziare si può, conta il modo’».
Ma a questi 106 lavoratori non importa se la comunicazione arriva via mail, via sms o con un comunicato a mezzo stampa. A qualcuno interessa sapere se tra due anni potrà andare in pensione dopo oltre 40 anni di lavoro. Altri sperano che la cassa integrazione duri il più possibile poiché hanno bimbi in arrivo. Tutti, però, sono increduli: «Si lavorava a pieno regime, erano anche state assorbite nuove risorse per soppiantare i pensionamenti e c’erano in programma la sistemazione della mensa, il miglioramento delle linee produttive». Intanto Fim, Fiom e Uilm hanno indetto uno sciopero di 4 ore per il 23 luglio.

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