Di gran lunga il film più atteso nell’arcipelago giapponese in questa prima parte del 2022, Shin Ultraman ha debuttato nelle sale giapponesi a metà maggio attraverso una distribuzione a tappeto. Il lungometraggio rappresenta la seconda tappa di quel processo di rivisitazione e omaggio del genere tokusatsu (effetti speciali) da parte di Hideaki Anno e Shinji Higuchi, genere che attraverso film e serie televisive ha caratterizzato la cultura pop, visiva e non solo, del Sol Levante, dal dopoguerra in poi.

L’apripista è stato Shin Godzilla del 2016, con Anno alla regia e Higuchi agli effetti speciali, un successo di critica e incassi che ha incentivato i due autori a continuare il percorso. Shin Ultraman è il secondo capitolo di questa ideale trilogia, mentre il terzo, che sarà nelle sale giapponesi il prossimo anno, è Shin Kamen Rider, una rivisitazione del popolare eroe mascherato in motocicletta creato da Shotaro Ishinomori nel 1971. Il film è anche il terzo capitolo del progetto denominato Shin Japan Heroes Universe, ufficializzato lo scorso febbraio, e che raggruppa oltre ai lavori già citati, anche l’ultimo film di Evangelion uscito lo scorso anno.

Shin Ultraman è diretto da Higuchi su un soggetto e sceneggiatura dell’amico e collega Anno, ma per questo progetto e i lavori in esso inclusi si dovrebbe piuttosto parlare di una coppia di co-autori, al di là dei ruoli formali di volta in volta assunti. Le vicende cominciano in media res, con il Giappone invaso da gigantesche forme di vita non identificate, kaiju catalogati e denominati «specie di classe S». Per cercare di combattere queste creature provenienti dallo spazio, il governo crea un’unità speciale, il SSSP.

Mentre questa minaccia cresce, un gigante umanoide appare da oltre l’atmosfera e arriva sulla terra per combattere i mostri. Tutto questo, compresa la comparsa di Ultraman e la scoperta che il gigante alieno è, forse, Shinji Kaminaga, un membro del SSSP, viene rivelato nei primi venti minuti e funziona come premessa per sviluppare la narrazione.

Ciò che risalta fin da subito è l’ottima riuscita e uso degli effetti speciali, che, come succedeva in Shin Godzilla, non sono mai abusati e mantengono sempre, forse tranne che nelle ultimissime scene, una sorta tattilità e volume. La realizzazione dei kaiju, una festa per gli appassionati, le scene dei combattimenti e soprattutto Ultraman stesso e tutto ciò che riguarda la realizzazione del gigante alieno, è di alto livello dal design, ai colori, dai movimenti alle armi, dal volo fino ai duelli con i cattivi di turno. Tutto questo, assieme alle ultimissime scene dove, alla maniera di Evangelion, il film assume quasi un tocco sperimentale e lisergico, rappresenta la parte più affascinante e riuscita di Shin Ultraman.

Ciò che lascia un po’ a desiderare è la costruzione visiva delle scene fra i membri dell’unità speciale e tutta la narrazione che da lì si sviluppa. Se le inquadrature «insolite» utilizzate, la maggior parte delle scene delle riunioni e delle discussioni sono primi piani ripresi da posizione molto bassa, funzionano bene all’inizio, a lungo andare finiscono per danneggiare il film.

Certo questo stile è tanto un omaggio a Akio Jissoji, regista degli episodi classici più creativi di Ultraman, quanto uno stile a cui Higuchi e soprattutto Anno sono molto affezionati – si ricordino Love and Pop, o il primo corto amatoriale di Anno, Return of Ultraman – che però non funziona altrettanto efficacemente se usato estensivamente come in questo caso. Shin Ultraman resta comunque un godibilissimo prodotto di intrattenimento con picchi visuali degni di nota, forse Anno e Higuchi avrebbero potuto rischiare di più e allontanarsi, come fatto con Shin Godzilla, dal prodotto e dallo stile dell’originale.

matteo.boscarol@gmail.com