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Shin Megami Tensei V, demoniaco trionfo del mito

Shin Megami Tensei V, demoniaco trionfo del mito

Games Per Nintendo Switch, un gioco di ruolo giapponese classico, almeno in apparenza

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 22 gennaio 2022

Tokyo, il campo di battaglia per eccellenza di immaginari difformi, quelli alieni e meccanici dei grandi robot, di Godzilla e degli altri immani mostri mutati. Tokyo demolita ed edificata di nuovo, come una città componibile di Lego smontata e rimontata da un bambino insoddisfatto. La metropoli giapponese è ancora una volta territorio apocalittico di lotta tra le forze diaboliche e angeliche con Shin Megami Tensei V, come lo fu in Devil Man di Go Nagai e in altri episodi della serie Atlus (in origine ispirata ai romanzi di Aya Nishitani) dalla quale sorsero poi le saghe giovanili e psico-demoniache di Persona. E come in Devil Man anche in Shin Megami Tensei V il protagonista è un giovane che si fonde con un demone, qui detto «Nahobino» sebbene la sua forma sia priva di ogni satanica brutalità «nagaiana» ma possegga anzi un delicatezza androgina che rende quasi irriconoscibile il suo genere di nascita.

Uscito in esclusiva per Switch, una delle cose preziose che arricchiscono il catalogo unico di Nintendo, Shin Megami Tensei V è un gioco di ruolo giapponese classico, almeno in apparenza, con i combattimenti a turni e le modalità di progressione simili ai classici, tuttavia come altri episodi di questa serie si emancipa dalle sue fonti fantasy come l’heavy metal dall’hard rock, come gli Helloween o i Blind Guardian, o ancora prima gli Iron Maiden con The Number of the Beast, dai Led Zeppelin e i Deep Purple. Questa diversità è dovuta non alla struttura ludica ma alle storie, all’ambientazione, ai personaggi, all’utilizzo del mito che qui filtra religioni e leggende globali per creare un territorio più mistico, e insieme carnale, che favoloso.

Cominciamo in una Tokyo pseudo contemporanea, tra studenti in divisa delle superiori, indagando su un incidente ma finiamo subito oltre dopo un evento cataclismatico, risvegliandoci in un tempo futuro durante il quale la città è in rovina e nei cieli presso la diroccata e iconica torre rosso-bianca si affrontano magnifiche e terribili le schiere di Lucifero e quelle di dio. Trascorreremo più volte tra futuro e presente, sebbene i luoghi in cui si svolge la maggior parte del videogame siano quelli della Tokyo devastata dal dissidio, grattacieli sbilenchi e sepolti dalla sabbia, rara vegetazione laddove quasi tutto è polvere, acque cristalline ma ingannevoli, reliquie di un passato morto. Possiamo evitare ciò che è stato, sventare all’origine la guerra demoniaca, assecondarla per ascendere egoisti al divino, scegliere come Koji Kabuto se diventare un dio o un demone; per tutta la lunghissima avventura permane questa ambiguità, questa indecisione, una libertà di scelta parziale tra l’affermazione e la ribellione contro il fato, anche perché non c’è una visione manichea, una morale certa, ma siamo al di là del bene e del male.

Peculiarità di Shin Megami Tensei e di tante sue costole è quella di reclutare creature mitiche per indurle a combattere al nostro fianco, possiamo corromperle, convincerle con la dialettica o la forza. Così salvo il protagonista la squadra di combattenti muta sempre, poiché proseguendo porteremo tra le nostre fila creature sempre più forti e spesso «fonderemo» tra di esse quelle ormai obsolete per ottenere un nuovo mostro di potenza, sebbene non si tratti solo di esseri orripilanti, poiché in molti casi ci sono esemplari di sensualissima o eterea bellezza.

Il bestiario di Shin Megami Tensei V è impressionante, anche se tante creature già le conoscemmo in altri episodi o nei Persona, una legione di figure più o meno mitiche provenienti da innumerevoli immaginari: Jatayu il re indù degli uccelli; l’equino Kelpie del folclore celtico; gli spiritelli Hua Po della mitologia cinese, con le ali da farfalla, che nascono quando due o tre persone si impiccano allo stesso albero; i canini Inugami evocati dagli stregoni giapponesi per possedere gli esseri umani; il frigio Attis che simboleggia vita, morte e resurrezione; i teschi con serpente detti Loa dal vudù; Bafometto con la testa di capra; il cavalleresco Berith estrapolato dalla Ars Goetia di Re Salomone; la terrificante Manananggal della tradizione filippina che si nutre di feti non ancora nati; la splendida Parvati dea dell’amore dell’Induismo; la pentita Hariti che un tempo si nutriva di bambini ma alla quale Budda insegnò il dolore dei genitori e da allora mangiò solo melagrane; il Babau dei gallesi, un orsacchiotto carnivoro di bimbi disobbedienti; il serpente piumato Queatzacoatl degli aztechi; la prospera Fortuna dai lunghi capelli blu, ovvero la dea romana della buona sorte; l’aborigeno Mokoi che vive nelle foreste tra i gufi e non disdegna di accoppiarsi con donne umane; Cait Sith, un gatto con gli stivali che abita le case abbandonate delle Highlands scozzesi; l’algido Jack Frost; il pietrificante basilisco…

E poi blob, creature elementali, idre, fate, angeli, sirene, valchirie.
Meno prolisso e raccontato rispetto ai Persona, con i loro comunque straordinari dialoghi e narrazioni, Shin Megami Tensei V non ha tuttavia una storia superficiale e trita, anzi, solo più ermetica e sfumata, talvolta esemplare, così come le musiche spesso solo suggerite ma ispirate. Shin Megami Tensei V fa leva soprattutto sul desiderio di esplorare e scoprire, di conoscere.

Spettacolare per la sua visione apocalittica e metropolitana, per la potenza evocativa di battaglie a turni con suggestive magie e mosse speciali devastanti e pirotecniche, Shin Megami Tensei V è uno straordinario compendio di mitologie, religioni e leggende, quasi un «pokémon demoniaco» e per adulti, poiché è quasi inevitabile il desiderio di collezionare tutte quelle creature spaventose, affascinanti o solenni, soprattutto perché è fondamentale sfruttare correttamente i lori diversi poteri per sconfiggere il gioco, talvolta ostico se si sottovaluta la sua profondità strategica. Un’opera d’arte elettronica sull’ambivalenza, sullo sguardo oltre la superficie, sulla pulsione incontrollata e la ragione.

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