Alias Domenica

Sherlock Holmes, Heller e il prototipo deduttivo

Letteratura di genere Mentre escono le interviste inedite di Conan Doyle ("Parola mia", Lorenzo de’ Medici Press), Sellerio pubblica "L’investigatore Maximilien Heller" (1871) del francese Henry Cauvain: uno dei modelli per Holmes (1887)?

Pubblicato più di un anno faEdizione del 30 luglio 2023

Lo scrittore è un un vampiro che succhia dalle opere altrui il nutrimento per le proprie. Non confesserà mai di chi si sia nutrito per un’idea narrativa o il profilo di un personaggio per cui è stato celebrato nell’universo mondo dei suoi lettori. Non è tuttavia il vizio dell’uno. Da quando si è palesata quella vagolabile forma espressiva che per comodità definiamo letteratura, è invalso il gioco di scrivere addosso e all’ombra di qualcuno. Insomma trarre «genialità» da predecessori pressoché oscuri e passabilmente meno fortunati. Se sconosciuti, meglio. Di uno di questi curiosi scriventi, amusement dei quattro cantoni, càpita opportunamente un curioso libro dovuto al sommo giallista Arthur Conan Doyle: Parola mia Interviste e altri inediti (a cura di Fabrizio Bagatti, Lorenzo de’ Medici Press, pp.156, € 12,00).

Questa adunata di pagine raccoglie intriganti interviste alla quali il dottor Conan Doyle, superata una riluttanza iniziale, parla di sé, dei suoi studi, della sua passione per i libri di storia… «Quando sono entrato nella sua piccola casa a Norwood – scrive l’intervistatore Raymond Blathwayt nel maggio 1892 – dove, abbandonata del tutto la professione medica, il dottor Conan Doyle si dedica interamente ai libri e alla scrittura… gli ho chiesto come avesse fatto a far nascere, apparentemente dalla propria coscienza interiore, un personaggio straordinario come il detective Sherlock Holmes».

Conan Doyle rispose con una cordiale risata. Non gli ci era voluta nessuna coscienza interiore. «Holmes è l’incarnazione letteraria di un mio professore all’università di Edimburgo… Prima che i suoi pazienti aprissero bocca, dai loro esteriori sintomi congetturava i dettagli della loro vita… La sua facoltà era sorprendente… Sherlock, come il mio professore, aveva un intelletto meravigliosamente logico… Una forza della deduzione».

Quasi volendo giustificare se stesso, Conan Doyle, divagando, ritornò a un passato per lui remoto: «Quando ero squattrinato e avevo tempo per leggere…». Aveva pensato di guadagnare qualche soldo scrivendo un piccolo libro con un personaggio che fosse un detective. Si era tuffato, fonti ispiratorie, nelle opere di Edgar Allan Poe il cui detective «ricalca le caratteristiche di tutti gli altri detective apparsi in letteratura … Ogni detective assomiglia in misura maggiore o minore ad ogni altro detective … Per trovare un’idea su quanto mi ero prefisso, passai inoltre in rassegna una mezza dozzina di racconti polizieschi, sia in francese sia in inglese … e tutti mi lasciarono insoddisfatto».

Conan Doyle si dedicò allora alla scrittura di Uno studio in rosso. Era il 1887. Il racconto fu pubblicato nel «Beeton’s Christmas Annual». Il personaggio del detective si chiamava Sherlock Holmes, alla sua prima apparizione nell’universo letterario. Ciò che Doyle mai avrebbe confessato, è che tra i racconti polizieschi che egli aveva esplorato per «inventarlo» ve n’era uno, pubblicato in Francia nel 1871, che precedeva di ben sedici anni la comparsa di Holmes. Va’ a vedere oggi la casualità: mentre vengono tradotte queste interviste al dottor Conan Doyle, la Sellerio «riesuma» un poliziesco di Henry Cauvain (L’investigatore Maximilien Heller, pp. 234, € 14,00) pubblicato originariamente in francese, lingua che Doyle conosceva perfettamente… E che doveva aver letto (senza farvi cenno nelle interviste) al tempo in cui esplorava storie di detective, per ispirarsi, e che «mi lasciarono insoddisfatto…». A questo punto ci si può divertire, con la vocazione di un filologo improvvisato, a individuare una parade di «curiose» affinità.

Sherlock Holmes controfigura di Maximilien Heller? Plagio di Doyle? Lo sviluppo da uno sfuocato negativo fotografico. Un travestimento letterario? Il veritable antefatto del celebrato Sherlock? Nella maliziosamente acuta introduzione alla riproposta del poliziesco di Cauvain, Marco Malvaldi scopre gli altarini: «Sherlock il primo investigatore dalla vita fin troppo privata, rintanato in una solitudine assurda e patologica… fa uso di droghe… Maximilien Heller vive in una soffitta disordinatissima ( e uno)… fa uso di droghe per tenersi su (e due)… A narrare la sua avventura è un medico (e tre) che dopo averlo conosciuto lo vede coinvolto in un omicidio (smetto di contarle)…».

Si è colpiti da quante cose in comune abbia Holmes con Heller, compreso il medico narratore e amico protettivo… Tranne il fatto che l’investigatore di Cauvain vanti una cultura pressoché illimitata, mentre Sherlock cancella sistematicamente tutte le nozioni che non gli sono utili. Si può arrivare a sospettare che sia lui il modello per l’allampanato eroe di Conan Doyle?

Meno gelido di Holmes, il francese Heller ha una maggiore sensibilità sociale. Comunque sia, Maximilien Heller è palesemente uno dei prototipi originari di tutti gli investigatori deduttivi. Ama i gatti come Baudelaire, conduce vita bohémienne e si muove tra languori decadenti e orgoglio positivista. E «gioca» ai travestimenti. Persegue ostinatamente il suo fine: individuare il colpevole di un omicidio, contraddicendo anche la polizia – una delle specificità di Holmes.

Come in un cruciverba senza schema un tignoso lettore può mettere in moto la propria vocazione alla deduzione e scoprire le fin troppo palesi affinità tra Sherlock Holmes e Maximilien Heller.

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