Shechter, lettera d’amore corale dalla gioventù rock
A teatro «From England with Love» a Cremona. Otto danzatori in scena per il coreografo che lasciò Israele vent'anni fa
A teatro «From England with Love» a Cremona. Otto danzatori in scena per il coreografo che lasciò Israele vent'anni fa
La gioventù al centro di un moto collettivo dove l’unisono si frantuma rabbiosamente in singole fughe è il cuore battente di From England with Love, l’ultima creazione firmata dal coreografo e musicista israeliano Hofesh Shechter per la Shechter II, che dal Valli di Reggio Emilia, dove ha debuttato in prima assoluta, è stata protagonista di una tournée italiana di successo intercettata nella bella stagione Danza del Teatro Ponchielli di Cremona.
CLASSE 1975, Shechter se ne è andato da Israele più di vent’anni fa, a Londra ha fondato la Hofesh Shechter Company nel 2008, la Shechter II è il suo progetto per giovani talenti tra i 18 e i 25 anni in ciclico rinnovamento di cast. Quello attuale è formato da otto danzatori scelti tra 1200 iscritti all’ultima audizione, tra loro anche l’italiano Gaetano Signorelli, già apprezzato nella Gauthier Dance.
From England with Love è una lettera scritta con musica e corpo al paese dove Shechter ha scelto di vivere. Nulla di narrativo in senso stretto (non è nello stile dell’autore), ma una dichiarazione d’amore che gli otto giovani esprimono con furiosa voracità. I danzatori con Shechter sono sempre mossi da un ritmo interno viscerale, un irrefrenabile impulso che negli anni è diventato matrice di una firma, complice anche le musiche percussive del coreografo/musicista che accompagnano totalmente o in mix le colonne sonore degli spettacoli. Il tutto avvolto da luci materiche, in cui il chiaro-scuro, l’alternanza dei toni caldi/freddi, il gioco tra quadri densi opacizzati dal fumo e sbalzi segnati dai fari rivolti dal fondo verso il pubblico creano un contesto che impatta sul piano emotivo.
Gli otto incarnano nel movimento una costante oscillazione che non trova scampo. Battagliano tra sacro e profano, spronati da una partitura che a Shechter intreccia Henry Purcell, Edward Elgar, Tomas Talis, William H. Monk, un vortice tra rock e canto corale. Uniformi da collegio inglese, con tanto di camicia e cravatte, gli otto iniziano sul canto corale. Una ordinata preghiera che non può non far venire alla mente i cerimoniali di ogni etichetta, siano essi religiosi o secolari. Ma sono solo attimi.
GLI UNISONI armonici si slabbrano in furibondi moti individuali, i danzatori danno in realtà corpo a pace e guerra, supremazia sul debole e rivolta, affermazione di sé contro tutti. La rabbia nei corpi stremati da corse, da cadute violente, da assoli in cui la forma tracolla a vantaggio dell’istinto, si fa astratta metafora di quella inesorabilità del conflitto inalienabile dal vivere attuale. E l’armonia si sfascia nella liturgia esplosiva della coreografia tornando alla fine in chiave utopica. Certo sarà interessante vedere come nel gennaio 2025 Shechter lavorerà sui temi della vendetta, del potere, del rapporto con il fato all’Old Vic di Londra: in scena la prima mondiale da Sofocle dell’Oedipus di Ella Hickson.
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