Cultura

«Shakespeare reloved», se il genio del teatro torna «siciliano»

«Shakespeare reloved», se il genio del teatro torna «siciliano»Dante Gabriel Rossetti, Ritratto di Shakespeare, 1865

Scaffale Il libro di Pete Maggi, uscito per Solferino, che scruta l'identità del Bardo, per assegnarla stavolta a Michelangelo Florio (edizioni Solferino)

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 27 dicembre 2023

Sembra che questo scorcio degli anni Venti del XXI secolo, se non sia proprio sotto l’egida dei Florio, sia comunque segnato da questa famiglia siciliana. Si è iniziato con la saga scritta da Stefania Auci dedicata appunto ai Leoni di Sicilia, baciata da enorme successo, per proseguire con la serie televisiva, anch’essa, pare, estremamente popolare. Intanto, però, un altro ramo della famiglia si è fatto avanti, quello a cui apparterrebbe nientemeno che il più grande drammaturgo mai esistito, William Shakespeare. Ne ha già parlato su Alias del 7 ottobre Massimo De Feo, intervistando Umberto Mojmir Jezek a proposito del suo libro Chi ha scritto Shakespeare? (grausedizioni) che riprende la teoria che il bardo di Stratford-on-Avon non sia altro che John Florio, figlio di Michel Angiolo Florio, importante predicatore convertito al calvinismo.

UN’ALTRA TESI, però, identifica il commediografo inglese nel figlio di John, chiamato Michelangelo come il nonno e nato in Sicilia nel 1564, a differenza del padre che era nato a Londra. Di tale ipotesi si era già occupato anche Andrea Camilleri che, oltre vent’anni fa, insieme a Giuseppe Dipasquale aveva pubblicato Troppu trafficu ppi nenti, ovvero la versione in messinese di Troppo rumore per nulla, che secondo alcuni sarebbe stata originariamente scritta proprio in siciliano da un giovanissimo Michelangelo Florio.

A QUESTO PUNTO interviene Pete (ovvero Pietro Alessandro Umberto) Maggi, produttore e distributore cinematografico, da sempre appassionato di Shakespeare che ha lavorato anche ne Il mercante di Venezia, film di Michael Radford con Al Pacino, anzi in tale occasione pare che abbia saputo dell’ipotesi Florio. Il suo Shakespeare reloved da poco uscito per Solferino (pp. 400, euro 19,50) narra infatti della vita avventurosa di Michelangelo Florio e della sua trasformazione in William Shakespeare, ovvero, in italiano, Guglielmo Crollalanza (oppure Scrolla-la-lancia) nome preso dalla madre Guglielmina Crollalanza.
Il libro – un esordio letterario – è un vero e proprio romanzo d’avventura, non un saggio, avvincente e appassionante. Inseguito dai sicari dell’imperatore cattolico Filippo II, aiutato dagli inviati della regina Elisabetta d’Inghilterra, il giovane Michelangelo attraverserà l’Italia, da Messina a Venezia, incontrerà gente diversa, farà esperienze che lo condurrano all’età adulta, ma che, soprattutto, ritorneranno trasfigurate nelle sue opere. Come un usuraio ebreo chiamato Shalah, ma «si pronuncia Shelach, She-lach». O una splendida fanciulla di Verona di nome, naturalmente, Giulia. E poi un cavallo che si chiama Romeo. E chi sarà il suo migliore amico? Amleto, un marinaio che lo accompagnerà praticamente per tutto il viaggio.

COSÌ TRA AGGUATI, risse, suore coraggiose dal passato sorprendente, attori di teatro che sono anche agenti segreti, si va formando l’animo e il carattere di un genio del teatro. Il tutto raccontato con uno stile dal ritmo perfetto, una scrittura secca e coinvolgente che lega il lettore in maniera indissolubile alla pagina. E, spesso, lo porta anche a riflettere sui meccanismi da cui può nascere l’opera d’arte.

CHIUSO IL LIBRO, tornano alla mente le teorie di Valerio Evangelisti sui rapporti tra narrativa di genere e narrativa mainstream, e si può seguire il ragionamento che forse un certo tipo di approccio possa servire anche alla grande letteratura, presentandola in maniera diversa, senza orpelli, così da renderla ancora una volta vicina, se non necessaria all’immaginario del fruitore. E anche se le date biografiche rendono un po’ difficoltosa l’ipotesi portata avanti da Pete Maggi, non siamo forse tutti fatti della stessa materia dei sogni?

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