Sgombero anche al Distretto 42
Rebeldìa Il Municipio dei beni comuni cacciato dall'area militare sottratta al degrado. Attivisti sugli alberi per dodici ore
Rebeldìa Il Municipio dei beni comuni cacciato dall'area militare sottratta al degrado. Attivisti sugli alberi per dodici ore
Appollaiato su un albero del grande parco intitolato a don Andrea Gallo, a cinque metri di altezza, Fabio Ballerini riesce a rispondere al telefono: “Sette di noi si sono messi sui rami più bassi dei loro platani. Altri tre sono arrivati quasi in cima, a dieci metri”. Anche loro dovrebbero essere sgomberati dal Distretto 42, così come sono stati cacciati gli altri attivisti del Municipio dei beni comuni. Ma i carabinieri in tenuta antisommossa si limitano a presidiare il cancello della ex caserma dismessa di via Giordano Bruno. E fra i vigili del fuoco, inviati al solito in prima linea per togliere le castagne dal fuoco a chi ha voluto l’ennesimo sgombero a Pisa, c’è chi fa obiezione di coscienza (quelli iscritti all’Usb), e c’è chi aspetta il camion con l’autoscala. Perché senza di quella sugli alberi non si sale.
Alle sette della sera, dopo dodici ore di messa in stato d’assedio del centralissimo quartiere di San Martino, l’assoluto nonsense dello sgombero dell’ex caserma Curtatone svetta, metaforicamente, anche sopra la torre pendente; simbolo di una città un tempo coraggiosa, quando occorreva barricadera, e profondamente di sinistra. Uno sgombero fortemente voluto dal ministero della difesa, che dopo aver ridotto per 18 anni la sua caserma un letamaio, e aver usato un parco di 8mila metri quadri come parcheggio abusivo per le auto degli ufficiali e delle loro mogli, ha urlato allo scandalo se un gruppo di ragazze e ragazzi ripulivano l’area verde, e riorganizzavano attività sociali come gli sportelli per gli immigrati, per chi cerca casa, per chi vuole imparare l’italiano. Tutti servizi gratuiti, nel cuore della città-vetrina dove la parola “gratis” suona come una bestemmia
Uno sgombero accettato, ancora una volta, da una amministrazione comunale che declama la parola “legalità” quasi a ogni respiro del singolo assessore o del sindaco Filippeschi. E che anche in questa occasione non si è smentita, nonostante che la colossale figuraccia abbia portato il pisano d’adozione Ermete Realacci a una immediata interrogazione parlamentare. Uno sgombero accelerato, quasi imposto, da una magistratura locale sempre molto servizievole con le forze armate. Le stesse forze armate che pochi anni fa non furono nemmeno disturbate da un processo pubblico per conclamata negligenza, nonostante che il soldato Emanuele Scieri fosse rimasto cadavere per tre giorni interi all’interno di una caserma di parà.
Fuori del Distretto 42 gli attivisti del Municipio dei beni comuni organizzano un presidio di protesta che va avanti per l’intera giornata, e che via via si ingrossa con l’arrivo di militanti di Rifondazione comunista e della lista di cittadinanza “Una città in comune”, vicini al Municipio, e di gruppi di studenti. Almeno duecento persone che fanno resistenza passiva e che contano anche un ferito, Sandro Modafferi, ex di Sel investito da una pensionata che aveva fretta di farsi i fatti suoi. Poi le forze dell’ordine chiudono l’area con una sorta di cintura sanitaria, molto tranquilla ma altrettanto inflessibile.
“Ci fosse un progetto per il Distretto 42, capiremmo perché ci cacciano – raccontano i ragazzi in presidio – invece il ministero ha risposto picche all’accordo di programma che prevede il recupero dell’area in cambio di una nuova caserma in periferia”. Insomma il parco di via Giordano Bruno, dopo lo sgombero, è destinato a tornare un parcheggio privato. E l’ex caserma un non-luogo, pronto a un nuovo, estremo degrado, a pochi passi da piazza dei Miracoli. Eppure si sgombera. E mentre il sindaco Filippeschi si affida allo stellone (“auspico e ritengo che nella legalità si possa creare un dialogo positivo con il ministero, perché almeno parte del complesso in condizioni di sicurezza possa essere riaperta”), ben oltre il tramonto anche l’ultimo giovane “inalberato” viene obbligato a scendere. “Questa città è lo specchio del paese – tirano le somme quelli del Municipio dei beni comuni – tutte le cose finiscono al contrario di come dovrebbero andare”. Per loro è il terzo sgombero in sei mesi. Ma non hanno alcuna intenzione di arrendersi.
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