Lavoro

Sfrutta Zero, la salsa anti-caporali

Sfrutta Zero, la salsa anti-caporaliLe bottiglie di salsa «Sfrutta Zero» con l'etichetta «narrante»

Mutuo soccorso Dalla Puglia la sfida al caporalato si organizza con il mutualismo 2.0. La nuova filiera del pomodoro dove migranti, precari e contadini si organizzano contro il razzismo. 15 mila bottiglie di salsa prodotte tra Bari e Nardò nel 2016. E quest’anno i cooperanti puntano a superare il record dell’auto-produzione. Come ripartire dal mutuo soccorso: pagare il lavoro, creare casse di resistenza. E poi: coinvolgere i consumatori, connettersi alla rete nazionale «Fuori mercato»

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 23 aprile 2017

Un pomodoro a sfruttamento zero può fermare la caccia all’oro rosso in Puglia. Lo producono migranti, contadini, precari e disoccupati in filiere auto-prodotte dove si fa a meno di coltivazioni chimiche e delle scatole cinesi dell’agro-industria. Nata a Bari nel 2014, la rete Sfrutta Zero è un progetto di auto-produzione del pomodoro di tipo cooperativo e mutualistico promosso da Diritti a sud di Nardò, Netzanet-Solidariadi Bari e, sotto l’etichetta Funky Tomato, l’Osservatorio Migranti Basilicata/Fuori dal Ghetto di Palazzo San Gervasio a Venosa (Potenza).

«Il pomodoro in Puglia – afferma Gianni De Giglio , lavoratore precario e socio dell’associazione Solidaria che ha dato vita al progetto “Netzanent”, “Libertà” in tigrino – è una ricchezza di cui siamo responsabili. Vogliamo che l’oro rosso da simbolo di sopraffazione e caporalato diventi simbolo di emancipazione, riscatto e speranza di un futuro diverso».

DOPO LE LOTTE SUL DIRITTO all’accoglienza, alla casa e al lavoro dei migranti e dei braccianti agricoli, Diritti a A Sud, Solidaria e Fuori dal Ghetto hanno capito che l’integrazione passava per l’auto-organizzazione e la creazione di lavoro. La salsa «a sfruttamento zero» arriva oggi a Milano, Verona, Mantova, Padova, Roma, Salerno, Casoria, Napoli, Firenze. È il modello del mutualismo 2.0: una pratica politica che sta conoscendo una diffusione anche nel nostro paese, sull’esempio del movimento dei Sem Terra brasiliani e del Soc Sat andaluso, un sindacato che difende i braccianti nella regione del sud della Spagna.

L’IDEA È TANTO SEMPLICE quanto antica: unire le forze in chiave mutualistica, cambiare le relazioni tra datore di lavoro e dipendente e tra produttori e consumatori. Sulla base del mutuo aiuto si possono difendere i diritti sociali e individuali, riutilizzare gli immobili abbandonati e praticare l’agricoltura sociale creando i circuiti indipendenti delle auto-produzioni fuori dall’agro-industria. Come nell’Ottocento, anche oggi una parte dei proventi della salsa sono destinati a una cassa di mutuo soccorso per soddisfare l’esigenza dell’alloggio e del cibo. La cooperazione tra gli uguali è usata per creare le condizioni di una vita degna. «Noi lavoriamo senza padroni, fuori dal regime dei prezzi al ribasso imposto dalla grande distribuzione dei supermercati – continua De Giglio – Ci siamo alleati con i braccianti agricoli e i piccoli produttori. Questo è l’unico modo per contrastare il business sui migranti rivelato da Mafia Capitale. Le grandi aziende se ne approfittano e fanno enormi profitti, noi vorremmo essere l’anello che spezza la catena».

IN TRE ANNI LA SALSA anti-caporali è entrata nel circuito alternativo di auto-produzione e distribuzione creato da «Fuori Mercato», la rete nazionale che collega realtà solidali ed etiche in contesti urbani e rurali da Nord a Sud: si va dalla fabbrica recuperata RiMaflow di Trezzano sul Naviglio a Sos Rosarno, il coordinamento di artigiani, attivisti e piccoli produttori che produce e vende agrumi, ortaggi, formaggi e ‘nduja in tutto il paese. Nel 2015 la produzione di salsa è stata di 1.500 bottiglie di passata di pomodoro, nel 2016 è salita di circa 15 mila bottiglie, nel 2017 aumenterà.

«LA RETRIBUZIONE dipende anche dalla produzione, – racconta De Giglio – più produciamo più riusciamo a dotarci di mezzi di produzione in quantità tali da ammortizzare i costi e mantenere un prezzo di distribuzione e vendita più basso. In questo modo, contrasteremmo davvero la grande distribuzione, che impone il prezzo ai piccoli contadini i quali sono costretti a ridurre i costi soprattutto della manodopera, generando così la vera irregolarità».

I POMODORI SONO SEMINATI e coltivati in appezzamenti di terreno collettivo, messi a disposizione dalla realtà di Orto Circuito. Durante la crescita dell’oro rosso non vengono usati pesticidi o sostanze chimiche di alcun tipo. «Sappiamo che è un rischio – racconta Moro, del Ghana, arrivato in Italia dopo un periodo di lavoro e sfruttamento in Libia ed ora socio di Solidaria – non fare uso di sostanze chimiche sulla terra significa poter perdere il raccolto con più facilità. Ma non ci interessa. Ci interessa che la salute dei consumatori e della terra non venga inquinata o compromessa».

mutuo

A LAVORARE NEI CAMPI sono gli stessi soci retribuiti otto euro all’ora che controllano e praticano le tre fasi della produzione della salsa: la fase agricola, ovvero di semina attraverso tecniche artigianali a basso impatto ambientale; la fase di trasformazione è effettuata nella Masseria Monelli, tra Turi e Conversano; poi viene la fase dell’autocertificazione partecipata per accertare che durante il processo di produzione non ci siano state sopraffazioni o subalternità. Infine la fase di distribuzione attraverso i gruppi di acquisto solidale in mercatini locali, negli spazi sociali, nella rete Fuori Mercato. «I ristoranti, i gruppi di acquisto solidale, le botteghe e le mense, i consumatori che acquistano le conserve di pomodoro sono co-produttori di Sfrutta Zero, parti della nostra comunità – spiega De Giglio – La partecipazione permette di avere costantemente il capitale necessario per coprire le spese di produzione, garantendo agli agricoltori e ai lavoratori stabilità e continuità nella produzione e ai co-produttori la possibilità di partecipare ai processi di costruzione della produzione futura». Le bottiglie della salsa sono ottenute da materiale da riciclo: barattoli, bottiglie di birra, vasetti lavati e sterilizzati.

SFRUTTA ZERO è una «etichetta narrante» che attesta l’esistenza di una co-produzione tra consumatori, produttori e attivisti. Persone diverse possono dare un contributo al processo politico, e non solo di produzione, che sta dietro la salsa. L’etichetta è la prova visibile che il prodotto è alternativo alla «commodificazione», ovvero alla riduzione del pomodoro a merce.

L’AGRICOLTURA SOCIALE funziona attraverso la disintermediazione delle fasi che gravano sul processo industriale composto da anelli disfunzionali e livelli non comunicanti. Mette in collegamento le fasi industriali, della commercializzazione e della socializzazione dei proventi dall’attività e permette di ottenere migliori condizioni contrattuali e il rispetto dei diritti. Elementi che si perdono quando i luoghi della raccolta, della lavorazione e della commercializzazione sono frammentati nella produzione «di mercato».

«L’ORO ROSSO è una nostra responsabilità, non è proprietà della grande distribuzione. L’immaginario si può e si deve invertire – afferma De Giglio – La libertà ha questo odore e questo sapore: quello della nostra salsa».

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