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Sfida delle Dolomiti, primo test per il Pd

Sfida delle Dolomiti, primo test per il PdRenzi a Rovereto – Foto La Presse

Amministrative Al voto Trento, Bolzano, in gioco i monopoli del business nella regione a statuto più speciale d’Italia

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 6 maggio 2015

A Castelfondo (640 abitanti) i 15 seggi del consiglio comunale non interessano. Nadia Ianes sveste la fascia tricolore e arriva il commissario. Nessun candidato alle elezioni di domenica. A Predaia, San Lorenzo Dorsino e Valdaone, invece, si vota per la prima volta: sono i tre nuovi Comuni del Trentino. Paradossalmente, mentre l’autonomismo in affanno procede verso l’aggregazione dei municipi. È molto più di un test locale il voto che rinnova 250 amministrazioni fra Trento e Bolzano. C’è in gioco il monopolio dei business nella regione con lo statuto più speciale d’Italia. E il futuro di Ugo Rossi, segretario del Partito autonomista trentino tirolese dal 2005 al 2012, poi presidente della Provincia di Trento e da un anno alla guida della Regione.

All’ombra delle Dolomiti, il vecchio “sistema” di Bruno Kessler & Silvius Magnago appartiene alla storia. E anche il “laboratorio sussidiario” di Lorenzo Dellai (anticipatore della Margherita, ma travolto da Scelta Civica) è imploso. Funzionano ancora i conti a senso unico con Roma: dei circa 9 miliardi di tasse “prodotte” dalla regione ben 4,6 restano in Trentino e 3,6 nel Sudtirolo. Tuttavia la crisi e il governo Renzi prefigurano una spending review che fa tremare tutti: dalle banche alle famiglie dei masi, dalle cooperative ai medici, dagli industriali alle fondazioni più o meno istituzionali. E l’immagine dell’orsa Daniza abbattuta il 10 settembre 2014 ha fatto il giro del globo, accendendo i riflettori sull’altra faccia della medaglia in quest’angolo d’Italia che si vanta di essere tutto natura e qualità della vita.

Qui si voterà tre settimane prima delle Regionali e delle altre Comunali. Un segnale per l’intero quadrante Nord Est e un test sulla consistenza del Pd che governa a fatica con Rossi. E l’occasione di misurare la consistenza delle alternative: da Verdi e Sel ai 5 Stelle. Insomma, elezioni tutt’altro che marginali.

A Trento, il sindaco uscente Alessandro Andreatta punta alla conferma senza ballottaggio grazie alla coalizione formata da Pd, Cantiere Civico Democratico, Patt e Verdi. Ma ha fatto discutere l’esclusione di Melchiore Redolfi (consigliere del Pci-Pds e dal 1999 presidente della circoscrizione centro storico) dalla lista Pd. Sull’altro fronte, cinque liste (Civica Trentina, Fi, Lega, Progetto Trentino e Fratelli d’Italia) a sostegno di Claudio Cia. In lizza anche il “grillino” Paolo Negroni; l’insegnante Antonia Romano, coordinatrice dei Comitati Tsipras per L’altra Trento a sinistra; Paolo Primon con l’inedito simbolo di Popoli Uniti Trentino Südtirol.

A Bolzano, sulla scheda-lenzuolo 19 liste e nove aspiranti sindaci. Un bel rebus con Giovanni Benussi che vanta l’appoggio di CasaPound, in concorrenza con Maria Teresa Tomada di Fratelli d’Italia, Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore, Fi e Unitalia) e Carlo Vettori, Lega. Poi ci sono le liste civiche di Dado Duzzi e Angelo Gennaccaro. Luigi Spagnolli cerca il terzo mandato e si affida all’alleanza Pd, Svp, civica personalizzata, Projekt Bozen e Psi. Ma peseranno i consensi a Cecilia Stefanelli candidata da Verdi, Sel e Sinistra per Bolzano. Infine, Rudi Rieder, M5S, che ha subìto la ricusazione dei candidati consiglieri Nicola Fajeti e Alessandra Sartori: non hanno voluto firmare la dichiarazione di appartenenza linguistica. Nicola viene dall’Emilia, Alessandra è figlia di un italiano e di una tedesca. Ma domenica si gioca la vera partita dell’«autonomismo sussidario» più che il futuro del bilinguismo. Il Paat di Rossi non si fa troppi scrupoli nel puntare alla conquista dei municipi trentini: l’alleanza “organica” con il Pd si rivela tutt’altro che inossidabile. A Mezzolombardo, Cavalese, Cles, Storo i calcoli elettorali sono andati nella direzione opposta, mentre addirittura a Mori l’intesa è con Civica Trentina dell’ex leghista Claudio Civettini. Obiettivo: costruire la “rete” a livello locale in grado di mutuare il sistema di governo personalizzato.

Peccato che su Trento si allunghi pericolosamente l’ombra delle inchieste sul Mose e su Expo. La Mantovani Spa (ora gestita dall’ex questore Carmine Damiano per conto della famiglia Chiarotto) qui ha costruito il centro protonico e “correva” anche per il nuovo ospedale, mega-appalto in project di fatto tramontato. La Maltauro, invece, ha realizzato la sede della Facoltà di Lettere dell’Università (costo 48 milioni) dopo aver sponsorizzato la locale squadra di volley.
E in campagna elettorale tiene banco il “caso Corti Fiorite”. Operazione immobiliare nel quartiere San Bartolomeo su due ettari delle ex Officine Lenzi: tre lotti per 230 alloggi, 400 posti auto. Sulla carta, business da 70 milioni. Ma un boomerang per la società di Sergio Dalle Nogare e Roberto Baldo. E un incubo per le casse pubbliche, che per 76 alloggi del Fondo Housing Sociale “investono” ben 23 milioni. Senza dimenticare le banche (Sparkasse e Hypo Tyrol) “esposte” quattro volte più degli artigiani locali. È anche così che funziona lo statuto speciale in Trentino.

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