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Sfida a sinistra con Cuperlo. La golden share di Renzi

Sfida a sinistra con Cuperlo. La golden share di RenziGianni Cuperlo

Verso il congresso Pd I nodi dello scontro d'autunno: le alleanze a sinistra e il rapporto con il governo Letta-Alfano

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 12 maggio 2013

Un segretario per portare il partito al congresso «all’insegna della collegialità e della partecipazione». Da ieri Guglielmo Epifani è il «traghettatore» del Pd verso le assise che si svolgeranno «entro il mese di ottobre». Non è un caso che ha chiesto e ottenuto di essere lui a decidere la data. Per rendere chiaro il suo pieno mandato. «Un segretario senza aggettivi», come dice il premier Enrico Letta. È la stessa formula che Napolitano usò per presentare il governissimo. Insomma, non è detto che Epifani sarà il «reggente pro tempore» che auspicano in molti, giovani turchi in testa. Tant’è che alla sua ’scadenza’ il neosegretario non fa cenno. Né alla condizione – da molti auspicata – che non si candidi al congresso. «Che debba uscire di scena a ottobre non sta scritto da nessuna parte», spiegava ieri un lungimirante dirigente centrista.

Perché alla fine sul nome di Epifani si è ricomposto un asse che potrebbe risultare tutt’altro che transitorio. Epifani lo sa, e aprendo il suo intervento ringrazia i predecessori Bersani, Franceschini e Veltroni, dedicando poi un pensiero a Napolitano: i quattro che hanno voluto la sua elezione. Gli stessi (più D’Alema) che hanno reso possibile il governo delle larghe intese. L’asse che Matteo Orfini definisce «il patto di sindacato» che rischia di «traghettare, attraverso i prestanome, nel nuovo Pd i vecchi equilibri di sempre».

Perché il cuore dello scontro d’autunno, fra i dirigenti e nella base, sarà la distanza, o la vicinanza, del Pd dal governo. Non a caso Epifani ieri ha citato le parole dette il vero giorno in cui è diventato segretario: il 29 aprile, la fiducia al governo. La mattina, all’assemblea dei deputati, aveva tenuto l’intervento più applaudito: «Dobbiamo andare al passaggio più difficile mettendoci la faccia». Lo ha ripetuto ieri, raccogliendo gli elogi di tutti i larghintesisti Pd: «Ha espresso chiaramente la volontà di impegnare il Pd nel sostegno leale al governo», ha esultato la franceschiniana Marina Sereni. «L’elezione di Epifani è una buona notizia per il governo», ha detto Letta. Finché ci sarà lui, insomma, il governo non dovrà temere il ’fuoco amico’.

Invece dalla parte opposta si sta coagulando l’area del «partito dell’autonomia», cioè di quelli che credono che il Pd debba avere un profilo autonomo per non perdere la faccia e i voti nell’indigeribile alleanza con il Pdl. Così, con le cautele del caso, anche Gianni Cuperlo, il candidato della sinistra alla sfida d’autunno, ha spiegato che anche lui crede che «non ha senso stare in questo gverno con un piede sì e uno no», ma che «dobbiamo starci con il nostro senso critico». E se Epifani ringrazia i big che lo hanno voluto alla segreteria, Cuperlo invece – sostenuto dai giovani turchi, dalle anime non proprio coese della sinistra Pd e da Massimo D’Alema – già delinea il ritorno all’alleanza con la sinistra e con il popolo del centrosinistra perso per strada negli ultimi anni, chiedendo di guardare «a quei 27 milioni che una domenica del giugno 2011 sono andati a votare i referendum. Non immagino il Pd un po’ più piccolo e un po’ più di sinistra, ma un Pd che sappia dare a questo paese una sinistra rinnovata. Più grande e aperto. ’Open’». Dall’altra parte di Roma Vendola è sul palco con il giurista Stefano Rodotà, quello che il Pd non ha voluto capo dello stato. Autore del referendum per l’acqua pubblica.

«Un Pd open»: come aveva detto Renzi. Che resta la grande incognita del congresso. Ieri, parlando per la prima volta all’assemblea del suo partito, si è detto pronto «a dare una mano, non da candidato alla segreteria o all’Anci ma da militante e iscritto». I suoi già si spaccano fra chi lo spinge a candidarsi segretario e chi lo invita a restare fuori dalla mischia. Lui giura fedeltà al governo: «Se lo subiamo, regaliamo l’ennesimo calcio di rigore a Berlusconi». Ma restare fuori dalla mischia potrebbe significare per lui di fatto perdere il treno per Palazzo Chigi, quando sarà. Qualunque cosa deciderà, sarà lui ad avere la golden share della sfida d’autunno. Intanto la prossima assemblea sancirà la separazione fra leadership e premiership, introdotta ad personam per permettergli di partecipare alle scorse primarie. Una separazione che non ha mai portato bene ai governi democratici di ogni secolo e latitudine, da Salvador Allende a Romano Prodi. A meno che a fare il segretario non resti uno che non ambisce a fare il premier e che giura fedeltà al governo. Come Guglielmo Epifani.

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