Carla Lonzi scrive «Sul piano della gestione del potere non occorrono delle capacità, ma una particolare forma di alienazione molto efficace». Poi ancora «Identifichiamo nel lavoro domestico non retribuito la prestazione che permette al capitalismo, privato e di stato, di sussistere». E ancora «Non salterà il mondo se l’uomo non avrà più l’equilibrio psicologico basato sulla nostra sottomissione». In «The Deuce», il period drama targato HBO racconta ancora una volta il lato più oscuro e controverso di una nazione, gli Stati Uniti, che si autodefinisce il miglior paese al mondo malgrado i suoi grandi problemi. «The Deuce» è ambientato nel periodo in cui l’industria pornografica comincia a svilupparsi in America, agli inizi degli anni ‘70 e racconta, tra le altre cose, un personaggio femminile che è l’opposto archetipo delle casalinghe disperate e delle donne sottomesse del nostro cinema, eterne madri e mogli, sostenitrici di un patriarcato che le rende oppresse. Nel malfamato quartiere newyorkese del Deuce, dove imperano droga e prostituzione, ci sono Vincent Martino (James Franco) ed Eileen «Candy» Merrell (Maggie Gyllenhaal): il primo è un barista che con il gemello Frankie lavora per la mafia italo-americana. Candy è una prostituta che vede nella industria del porno una possibilità per essere indipendente. La cosa che trovo rivoluzionaria è l’irresistibile Eileen/Candy, il personaggio più complesso e ben ritratto lungo tutto il corso della serie.

Con la sua intelligenza e la voglia di provocare, comprende le enormi possibilità che si aprono nell’industria pornografica e diventa una regista porno di grido. Il merito di questa visione femminista sul piano della parità di genere va agli autori e a tutti i registi che si sono alternati, in primis Michelle MacLaren e lo stesso James Franco. Ciò che ci fa riflettere è che il porno, che è di per sé un genere maschilista che certifica la visione oggettificata del corpo delle donne e che spesso noi bacchettone e femministe rifiutiamo ideologicamente, diventa il cavallo di battaglia di una donna regista che, da ex prostituta, ha una visione laica sulla prostituzione e sul porno. Candy non è partecipe del lato perverso della vicenda. Gira le scene come fossero azioni meccaniche prive di sensualità intellettuale, sono esercizi ginnici o azioni meccaniche che provocano il risultato: l’orgasmo. L’erotismo perciò non viene affrontato, c’è il sesso che è un fatto meccanico e asettico, industrializzato.