Settore Cultura: la pandemia ha spazzato via 55mila posti di lavoro
Cinquantacinque mila posti di lavoro in fumo in due anni. È il conto, salatissimo, che il settore cultura in Italia ha pagato alla pandemia. Più del triplo di quanto accaduto nell’occupazione totale (6,7% contro il 2,4%). E se in alcuni settori, come il turismo, ma anche i libri o il teatro, il peggio sembra essere passato con l’arrivo del 2022 che ha portato numeri in ripresa, alcuni cambiamenti d’abitudine dei giorni più bui del Covid sembrano continuare a colpirne altri.
Il 18esimo Rapporto Annuale Federculture «Impresa cultura. Lavoro e innovazione: le strategie per crescere» registra un crollo dei consumi culturali degli italiani: lockdown, restrizioni, limitazioni alla vita sociale hanno portato a un abbandono delle attività culturali fuori casa. In particolare nei settori dello spettacolo dal vivo, cinema, teatri e concerti, i numeri (2019/2021) sono allarmanti: -75% della spesa, crollo della fruizione con variazioni negative intorno all’80%. E non se la cavano meglio musei e mostre: il calo della spesa delle famiglie è del 26,6%, mentre per la fruizione, si arriva a -72%. Nel settore lavoro, si sono persi 55mila posti di lavoro, il 6,7%, oltre il triplo di quanto accaduto nell’occupazione totale dove la variazione negativa è stata del 2,4%, In più la perdita di posti di lavoro è maggiore nei settori della cultura «in senso stretto», -11%, e tra i giovani (under 35) -12,6%.
Nel 2022 alcuni fattori di una possibile inversione di tendenza ci sono: si va dal successo delle domeniche gratuite nei musei che in sole tre giornate (maggio -giugno-luglio) hanno riportato nei al Salone del libro di Torino con più di 168mila ingressi, fino al dato del Bonus cultura per i diciottenni che, ancora in corso, conta 396.651 registrazioni per un valore di 65,7 milioni di euro che i giovani spendono in libri, concerti, musica, cinema.
Dati comunque ancora «durissimi», chiara «eredità della pandemia», commenta il Presidente Federculture Andrea Cancellato, invocando «un intervento choc: noi abbiamo proposto la defiscalizzazione del consumo culturale, in analogia con le spese mediche e farmaceutiche ma anche il Fondo di garanzia per la Cultura».
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