Sette note per Bruce Lee
Gli autori delle colonne sonore che hanno accompagnato sullo schermo l’attore di origini cinesi. Da Joseph Koo a Lalo Schifrin
Gli autori delle colonne sonore che hanno accompagnato sullo schermo l’attore di origini cinesi. Da Joseph Koo a Lalo Schifrin
Esiste un «Lee sound» nel senso di Bruce Lee? Sì, esiste, ed è quel tipo di sound che ben quattro compositori crearono per il mitico atleta sino-americano, assimilabile a tutta quella produzione musicale che ha fatto incredibili gli anni Settanta. Se ci si sofferma sulla vita non tanto lunga di Bruce Lee si crede alla fondamentale importanza che ebbe il suo personaggio; icona da subito di un modus poco americano di essere attore ma tanto alternativo in anni in cui gli eroi del cinema erano o di ambiente western o di ambiente epico/guerresco. Ebbene solo dalla Cina poteva arrivare un tipo di cinema che non rientrasse in quelle categorie ma che fosse la somma di esse con qualche cosa di più. Bruce Lee rimase cinese in tutto anche se nacque a San Francisco il 27 novembre 1940 poiché la famiglia era in tournée lirica in quella parte degli States (il padre era un discreto cantante). Refrattario ad ogni tipo di educazione autoritaria, Lee si getta a capofitto nella conoscenza e nella fatica delle arti marziali, diventando in breve un vero campione del kung fu. Ed è tramite questa forma d’espressione di difesa personale e non solo che si ritaglia il suo spazio nel mondo dello spettacolo. La sua strada è il cinema e farà di tutto per diventare una vera icona del genere.
IL PRIMO FILM
Ci prova con il cinema americano ma viene sfruttata solo la sua prestanza fisica in serial come Batman, Ironside, Longstreet. La sua fortuna però arriverà dal suo paese che aveva una fervida industria cinematografica ma che non approdava quasi mai oltre la Grande Muraglia. Ma Lee ci crede e quindi riesce a girare il suo primo vero e proprio film da protagonista Tang shan da xiong/The Big Boss tradotto in italiano come Il furore della Cina colpisce ancora diretto da Lo Wei. Da questa pellicola inizia anche quella particolare avventura di un sound che fosse proprio della sua leggenda. Partendo anche dal fatto che di questo film esistono due score musicali uno cinese e l’altro americano. Quello americano è fatto soprattutto di funky tutto a base di ottoni nel miglior modo post californiano, e ne è autore Peter Thomas, compositore tedesco molto attivo nella musica pop e di consumo e attento al sound. Come ad esempio ascoltiamo nella title track di The Big Boss dove vi è l’uso del wah-wah per gli ottoni in una strepitosa hit con tanto di ritmo e di aspettative da «chinese sound».
Thomas lo si è spesso annoverato fra i compositori americani ma egli vi emigrò dopo essere nato a Breslau nel 1925. Fu molto popolare in Germania ed ebbe una vita incredibile fra l’Europa e gli States. Compose un centinaio di score e creò un modo tutto suo di scrivere musica come ha dimostrato proprio in quella che è la sua opera più famosa, The Big Boss, assieme a Rampatrouille, la prima serie tv tedesca di fantascienza. Grazie a The Big Boss scopriamo il compositore della versione cinese Wang Fu-Ling, noto nel suo paese, autore di diversi score che aprono tutto un mondo sull’industria musicale cinese; fu l’autore di musiche per The Dream of the Red Chamber, The Rat Chatcher, Brothers Five, oltre alla morriconiana One Armed Boxer o il China western Bao Biao. I produttori americani trovarono quelle musiche poco incisive, troppo «cinesi» e quindi commissionarono a Thomas la partitura adatta agli States. Il tempo ha dato ragione ad entrambi poiché tutte e due le soundtrack sono interessanti e intriganti.
La scrittura di Ling Wang è meno aggressiva rispetto a quella di Thomas; Wang fa ampio uso d’orchestra, di cellule ritmiche ripetute e crea un tema talmente bello e romantico con forti ascendenze armoniche tipicamente orientali (l’uso del semitono). C’è anche la canzone To Be a Man scritta assieme a Joseph Koo in «Bond style» come era in voga all’epoca con uso di chitarra accordale e fiati a non finire. Lo score di Thomas invece brilla di swinging sound, di cocktail music e certamente la spettacolarità degli ottoni con tanta di quella elettronica garantisce al film una maggiore forza e una narrazione musicale adatta al pubblico americano.
IMPRONTA ORIGINALE
Certo è che in seguito i film cinesi di Lee ebbero una sola mano compositiva che fu quella di Koo Kar-Fai; morto il 3 gennaio 2023, rappresenta il vero inventore del «Lee sound» quello più vicino al tipo di cinema cinese d’avventura. Koo dopo il grande lancio del film The Big Boss, viene convocato dai producer cinesi – che ben conoscono la sua formazione americana -, i quali gli chiedono di creare un sound adatto a lanciare i film di Lee. I produttori dopo il grande successo del primo film, imbastiscono in fretta e furia alcune pellicole come Jing, Wu men/Fist of Fury (Dalla Cina con furore) diretto da Lo Wei nel 1972. Nello stesso anno è lo stesso Lee a dirigersi in Meng lóngguò jiang/The Way of the Dragon (L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente) segue l’anno dopo Tiger Jamp (La furia selvaggia di Bruce Lee terrorizza anche l’Oriente) diretto nel 1975 da Raymond Lui. Ebbene Joseph Koo si muove con grande dimestichezza fra ritmi e sonorità cercando di dare una impronta originale. Così per The Way of the Dragon dà libero spazio a ritmi di congas, cori maschili, chitarre e tanto sound degli ottoni creando una main title epica in perfetto Morricone style.
Per Fist of Fury scrive il tema cantato con tanto di urlo di Chen e una scrittura epica, in stile western e con un’eco «spaghetti»: canta Mike Remedios con i sottofondi allucinanti di urletti di battaglia, con annessi e connessi e trombe a dismisura. Ma Koo è bravo anche a creare pagine distensive, romanticamente esotiche come per il tema finale di The Way of the Dragon che si apre con una melodia affidata a flauto e archi per poi fare spazio alla grande orchestra con tanto di coro alla Nora Orlandi per un finale estremamente epico.
Koo conosce bene la musica di quegli anni, avendo studiato prima a Boston ed avendo avuto contatti con molti produttori americani. Nella sua scrittura dedicata ai film di arti marziali e non solo, si sente spesso la conoscenza di quella modalità che apparteneva ai compositori di Cinecittà, in particolare nelle sue musiche si sentono le influenze di Morricone e di Umiliani. Fu molto prolifico, scrisse sia per la tv che per il cinema cinese ma ad un certo punto se ne andò in Canada lasciando indelebile nella memoria comune il suo personale stile che era molto apprezzato proprio da Bruce Lee e da diversi produttori occidentali. Anche John Woo, che lo venerava, riuscì ad avere da Koo la composizione degli score per i due episodi di A Better Tomorrow.
Ultimo compositore che scrisse per Lee fu Lalo Schifrin grande star che venne chiamato per il lancio americano di Enter the Dragon (I 3 dell’Operazione Drago) diretto nel 1973 da Robert Clouse. Schifrin si rifà a quanto già composto da Koo e apre il film a ritmo serrato con tanto di urla di battaglia e riferimenti orientaleggianti per poi affidare il tema al moog con incipienti percussioni. Ne esce fuori un brano da vero funky con archi, Rhodes e chitarre. Perfetto. Così come sarà tutto lo score dove Schifrin farà largo uso di strumenti tradizionali cinesi, percussioni e un utilizzo di quarte e quinte esagerate. C’è proprio il suo personale stile, molto in voga con la musica d’ambiente degli anni Settanta. Come si sa la vita di Lee finisce il 20 luglio 1973 ma la leggenda è ancora ben viva. Come la musica dei suoi film che sono state più volte ristampate sia in cd che in vinile.
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