Serracchiani choc: «Più odioso se chi stupra è un profugo»
Il caso L’ex vice di Renzi lo aveva detto mercoledì. Mare di critiche Saviano: «Salvini saluta il suo ingresso nella Lega Nord». Prende le distanze dalla presidente del Friuli anche il senatore Pd Francesco Russo
Il caso L’ex vice di Renzi lo aveva detto mercoledì. Mare di critiche Saviano: «Salvini saluta il suo ingresso nella Lega Nord». Prende le distanze dalla presidente del Friuli anche il senatore Pd Francesco Russo
Il comunicato stampa ufficiale (regolarmente pubblicato mercoledì) esplode a scoppio ritardato. E travolge Debora Serracchiani, 46 anni, governatrice del Friuli, esponente di primo piano del Pd renziano. «La violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre, ma risulta socialmente e moralmente ancor più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza nel nostro Paese. In casi come questi riesco a capire il senso di rigetto che si può provare verso individui che commettono crimini così sordidi. Sono convinta che l’obbligo dell’accoglienza umanitaria non possa essere disgiunto da un altrettanto obbligatorio senso di giustizia, da esercitare contro chi rompe un patto di accoglienza. Per quanto mi riguarda, gesti come questo devono prevedere l’espulsione dal nostro paese, ovviamente dopo assolta la pena. Se c’è un problema di legislazione carente in merito bisogna rimediare» era il commento, testuale e completo, alla notizia di una minorenne che aveva subìto alla stazione ferroviaria di Trieste un tentato stupro da parte di Govand Mekail, 26 anni, iracheno.
A distanza di 48 ore, divampa il «caso» grazie allo tsunami dei social e alle critiche politiche. Drastico lo scrittore Roberto Saviano: «E Matteo Salvini saluta l’ingresso di Debora Serracchiani nella Lega Nord. Spero la candidi lui, perché se la candida ancora il Pd, significa che il Pd è diventato la Lega Nord». Caustico il consigliere regionale Alessio Gratton (ex Sel): «Violenza è violenza. Punto. Reato è reato. Punto. Da condannare sempre e comunque. Non ha nazionalità, né religione. Quello che è successo fa schifo e basta. Questo dovresti dire, presidente». Prende le distanze anche il senatore Pd Francesco Russo: «È inaccettabile valutare la gravità di un’azione guardando alla nazionalità o all’estrazione sociale». Infine, il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni non risparmia amarezza e raccapriccio: «Non esistono stupri di serie A e stupri di serie B. Semmai esistono politici di serie A e politici di serie B. Evidentemente la governatrice del Friuli appartiene alla seconda categoria».
Così Serracchiani, oltre che crocefissa alle sue parole, sembra inchiodata alla parabola senza fine. Romana, diplomata in ragioneria e laureata in giurisprudenza a pieni voti, si trasferisce a Udine nel 1994. Comincia la carriera in circoscrizione, poi nel 2006 viene eletta consigliere provinciale dai Ds e due anni dopo è segretaria del Pd di Udine. La svolta nella primavera 2009: con 13 minuti di spietato intervento all’assemblea nazionale dei circoli Pd folgora Dario Franceschini.
La giovane Debora diventa sosia politica di Amélie Poulain, conquista un seggio all’Europarlamento (73.910 preferenze, quasi 10 mila in più di Berlusconi…), viene eletta segretaria regionale Pd. All’epoca si guadagna anche un blog nel sito del Fatto Quotidiano. E non si ferma più: nel 2013 vince le Regionali e a marzo 2014 è vice di Matteo Renzi nel partito.
Ma ormai da tempo Serracchiani resta sulla graticola. La sbornia renziana, anche in Friuli, lascia il posto a catastrofi elettorali senza precedenti: dal tonfo di Roberto Cosolini a Trieste fino alla recente vittoria della Lega nella «rossa» Monfalcone. Nel Pd si pensa, più o meno esplicitamente, ad una candidatura alternativa per le Regionali 2018. Del resto, Serracchiani a dicembre, in aula sotto una gragnuola di attacchi, era scoppiata a piangere. A chi chiedeva già allora del suo futuro rispondeva: «Cambiate domanda, me la fate dal 2011».
Gli ultimi mesi sono stati quasi un calvario. Con l’ombra di Riccardo Illy che si allunga su una giunta regionale alle corde. E l’addio al vertice del Nazareno nella stagione congressuale. Debora continua a testa bassa, ma è finita nel mirino. Anche del «fuoco amico» con l’ultima dichiarazione ufficiale.
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