Sette giorni, un paio di settimane contando le finali europee, prima della rivoluzione. La Serie A che si va a chiudere ha dato quasi tutti i suoi verdetti. Il Napoli è campione da quasi quattro settimane, il terzetto in Champions League – complice la penalizzazione della Juventus per le plusvalenze fittizie – è già in cassaforte. Manca all’appello la composizione delle partecipanti all’Europa League e la terza che retrocede, una tra Verona e Spezia, al momento a pari punti. Per la zona Europa, sarà decisivo l’esito della finale di Europa League tra Roma e Siviglia: si gioca domani sera a Budapest, con Mourinho che sinora non ha mai perduto una finale (cinque successi). Se l’Italia, per un gioco di combinazioni, dovesse riuscire a portare otto squadre in Europa a partire da agosto, tra Champions, Europa e Conference League, si andrebbe a delineare uno scenario lusinghiero.

IL CALCIO ITALIANO che recupera posizioni, che dovrà assegnare (bando pubblicato) i diritti tv 2024-29 con al tavolo diversi broadcaster, vedrà i top club rimescolare totalmente le carte. Del sestetto al vertice solo Sarri alla Lazio è sicuro della riconferma. Pioli al Milan e Simone Inzaghi all’Inter dovrebbero esserci nella nuova stagione, ma a Milano non sono tutti concordi e non sono escluse sorprese. Specie all’Inter, finalista in Champions con il Manchester City (il 10 giugno a Istanbul), con 12 sconfitte in campionato e un rapporto complesso tra Inzaghi e il l’ad nerazzurro, Beppe Marotta. Il tracollo juventino: taglio dei costi e possibile assenza dalle coppe per 2 anni
Spalletti lascia Napoli, il rimbalzo con De Laurentiis è finalmente concluso, il presidente ha spiegato che il tecnico toscano considera il ciclo chiuso, con richiesta annessa (da verificare) di un anno sabbatico. E già questo è singolare: l’allenatore della squadra che ha messo tra se stessa e le avversarie quasi 20 punti di margine, pur rallentando nel finale, con la prospettiva di aprire un ciclo vincente, decide di lasciare la Campania. De Laurentiis non è facile da gestire, è un vulcano sempre attivo con tendenza a usurare i rapporti umani. E se è aperta la caccia al successore, a Luis Enrique o Italiano (o una freccia per ora nascosta dal patron del Napoli), Max Allegri è con un piede fuori da casa Juventus.

IL CLUB BIANCONERO, che potrebbe varare la nuova stagione con una penalizzazione pesante per lo sviluppo del secondo filone sportivo (l’ormai famosa «manovra stipendi») con l’accusa di aver violato il principio di lealtà sportiva, è un contenitore di esplosivi: tra taglio dei costi, possibile assenza dalle coppe europee per un paio di anni (deciderà l’Uefa) e un biennio di calcio mediocre, il contratto di Allegri da nove milioni di euro annui è un ostacolo quasi insormontabile. Dimissioni escluse, nessuno scenario è da escludere, con casting aperto anche per la panchina della Juve. E se sulla Roma si attende la finale di Europa League, con Mou pronto a lasciare con un trionfo come avvenne all’Inter nel 2010, anche all’Atalanta tira aria di novità, con Gasperini in uscita dopo sette anni.