«Serial», se la politica contamina la fiction
Radio Accusato di diserzione, il sergente porta il suo caso alla radio. La seconda stagione del podcast d'inchiesta è dedicata a Bowe Bergdahl: prigioniero dei talebani per 5 anni, attualmente in attesa di essere processato da un tribunale militare Usa
Radio Accusato di diserzione, il sergente porta il suo caso alla radio. La seconda stagione del podcast d'inchiesta è dedicata a Bowe Bergdahl: prigioniero dei talebani per 5 anni, attualmente in attesa di essere processato da un tribunale militare Usa
In uno degli ultimi episodi della serie CBS Madame Secretary la Casa bianca scopriva che il governo Ucraino era responsabile di un attentato ordito per mettere la Russia in cattiva luce nei confronti del mondo. In un altro, si apprendeva che un drone americano aveva ucciso Jihadi Joe due settimane prima che avvenisse nella realtà. Attentati in capitali europee e i metodi di reclutamento dell’Isis sono uno dei temi portanti dell’odierna stagione di Homeland….Sempre di più, le trame della politica internazionale contaminano la fiction televisiva con risultati drammatico/politici spesso interessanti e occasionalmente critici nei confronti dell’ortodossia di Washington.
L’ultimo esempio di questa vena arriva non dalla manciata di nuova serie prodotte da Netflix o Amazon ma attraverso un formato apparentemente desueto, lo sceneggiato radiofonico.
Iniziato l’anno scorso, come spinoff dalla popolare trasmissione culturale della PBS This American Life, Serial è un podcast settimanale di un’ora che dedica la sua intera stagione a una storia presa dalla realtà. L’anno scorso si trattava dell’omicidio di una diciassettenne del Maryland, Hae Min, avvenuto nel 1999, e per cui era stato condannato all’ergastolo l’ex fidanzato, Adnan Syed, che però si professava innocente. Rivisitando gli atti del processo, le deposizioni, i verbali dell’arresto, e attraverso ore e ore di interviste con Syed, di puntata in puntata, la giornalista conduttrice della serie, Sara Koenig, come una detective, evidenziava errori procedurali, incongruenze, indizi sottovalutati…
Con un’audience pari a 100 milioni di download, che seguivano l’avvincente podcast come un feuilleton, Serial non solo portò l’ attenzione di un vastissimo numero di ascoltatori a un omicidio poco conosciuto, la trasmissione servì convincere il Tribunale del Maryland a riaprire il caso e considerare l’eventualità di un nuovo processo. Il programma vinse anche un Peabody Award.
La seconda stagione, iniziata giovedì scorso, è incentrata su una vicenda dal profilo molto più alto, ed è sviluppata in partnership con una casa di produzione, Page 1, che su quella stessa vicenda prevede già la realizzazione di un film. Il protagonista di Serial 2 è infatti Bowe Bergdahl, sergente dell’esercito americano, imprigionato dai talebani per cinque anni e poi rilasciato grazie a un controverso scambio di prigionieri in cui, per riavere il soldato americano, Barack Obama ha ceduto alcuni talebani rinchiusi a Guantanámo. Nastri gialli, bandiere a stelle e strisce, parate e celebrazioni varie nella cittadina natia, oltre alla stretta di mano del presidente, sono i classici rituali che salutano il rimpatrio di un reduce USA. Ad accogliere Bergdahl c’era invece un coro d’insulti: rapito lontano dalla base, è stato infatti accusato di essere un disertore, un «traditore», di aver provocato la morte di alcuni compagni andati a cercarlo; e sul suo caso si è aperta un’ inchiesta. Dal giorno del ritorno, Bergdahl non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche né ha concesso interviste –ma ha accettato di parlare con Mark Boal, il giornalista autore delle sceneggiature di The Hurt Locker e di Zero Dark Thirty, che sta preparando un film su di lui prodotto da Page 1 e dalla boutique produttiva di Megan Ellison, Annapurna. E proprio oggi è arrivata la notizia che Bergdahl sarà processato da una corte marziale generale per, si legge nel dispositivo:
Venticinque ore di conversazione tra Boal e Bergdhal, costituiscono così l’ossatura portante di Serial 2, il cui primo episodio, dopo una breve introduzione di Koenig affida il racconto direttamente al soldato e alla notte in cui ha deciso di allontanarsi dalla base. Buio, paura, la realizzazione di essersi probabilmente perso per aver dimenticato di guardare regolarmente la bussola. Il suo obbiettivo (abbastanza confuso), racconta il soldato, era quello di raggiungere un’altra base Usa, venticinque chilometri distante, e di distinguersi con onore durante il tragitto.
Sapeva, dice lui, che lo avrebbero arrestato ma così avrebbe potuto esprimere le riserve che aveva nei confronti del comando del suo battaglione. Calmo, riflessivo e non sempre plausibile, nel primo episodio Bergdahl arriva fino all’incontro con i Talebani. Nelle puntata successiva, ha anticipato Koenig, la parola agli stessi rapitori.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento