Sergio Endrigo, «cantautore del futuro». Voce, arte e poesia
Musica Esce oggi il triplo box antologico «Altre emozioni verranno», 69 brani scelti dalla figlia Claudia
Musica Esce oggi il triplo box antologico «Altre emozioni verranno», 69 brani scelti dalla figlia Claudia
Come ieri avrebbe compiuto 90 anni e chissà come avrebbe raccontato l’Italia di oggi, ferma per i funerali di Berlusconi in un irreale lutto nazionale. Sergio Endrigo cantautore atipico e geniale, ha segnato con il suo canzoniere buona parte della musica italiana tra i sessanta e i settanta. Nella sua vicenda artistica si intrecciano tante storie e culture differenti; dai successi dei primi ani sessanta passando alla canzone dialettale e all’impegno politico a sinistra – mai rinnegato – per arrivare alle canzoni dedicate all’infanzia. Gavetta incredibile: lift d’albergo, fattorino alla Mostra del Cinema per passare prima alle balere e poi ai night club, fino all’incontro (folgorante), con Nanni Ricordi che ne intuisce il talento. Altre emozioni verranno – una tripla antologia in uscita oggi per i tipi della Warner – è il primo serio tentativo di storicizzare con attenzione la sua produzione musicale. Una selezione di 69 canzoni suddivise in 3 sezioni tematiche (Intramontabili, Il mio Endrigo, Perle nascoste). A coordinare il progetto – accanto a Alberto Salerno – è Claudia Endrigo, che ha anche fornito tutto il materiale iconografico contenuto all’interno del booklet.
«L’IDEA DI PROPORRE alla Warner questo progetto antologico è di Salerno – spiega la figlia del cantautore scomparso il 7 settembre 2005. Scegliere i brani è stato durissimo ma alla fine sono stata felice di dare al pubblico la possibilità di conoscere anche un Endrigo, diciamo così, nascosto. Perché gli ultimi pezzi non hanno nulla da invidiare ai suoi grandi successi degli anni sessanta». «Sergio – scrive Salerno nelle note del box – mi stupì sempre nel corso degli anni, non solo per la sua voce ma anche per i testi che scriveva e le melodie che le accompagnavano». «Vero, eppure papà non era un tipo che si isolava, doveva riflettere. Era istintivo. L’ispirazione per Lontano dagli occhi gli è venuta tornando dal cinema con mia madre. Rientrato a casa ha scritto la musica di getto. Lui ha sempre sostenuto di non sapere adattare un testo alla musica, le sue canzoni nascevano insieme. Poi in caso di difficoltà, interveniva Sergio Bardotti a mettere le parole. Considera che Io che amo solo te l’ha composta in venti minuti…».
Un timbro vocale unico, tanto che le sue versioni possono essere etichettate come ‘definitive’, nonostante su i suoi brani si siano cimentate fior di interpreti come Mina, Ornella Vanoni, Fiorella Mannoia: «Anche se la versione di Lontano dagli occhi fatta da Gianna Nannini in versione rock mi è piaciuta moltissimo, e poi sentire un intero stadio cantare un pezzo del 1969… Endrigo aveva uno sguardo avanti, già nei settanta lo definivano il cantautore del futuro». Tra i punti più alti della sua discografia – e in un’accezione più ampia della canzone italiana di quegli anni – La vita, amico, è l’arte dell’incontro (1969), un disco che unisce l’arte sublime e l’ispirazione di Vinicius de Moraes all’intepretazione poetica di Giuseppe Ungaretti, alla voce di Endrigo e al virtuosismo di Toquinho.
Papà era istintivo. L’ispirazione per Lontano dagli occhi gli è venuta tornando dal cinema con mia madre. Io che amo solo te l’ha composta in venti minuti…».
A TESSERE le fila di questa operazione Sergio Bardotti: «Era un periodo di grande sperimentazione – sottolinea Claudia Endrigo – Leone Piccioni (critico letterario e giornalista, ndr) avallò il progetto di fare questo disco strambo». Nel 1974 l’idea di propore le fiabe di Rodari e trasformarle in canzoni, nasce Ci vuole un fiore… «Era un uomo molto curioso e in qualche modo sono stata io la sua musa ispiratrice. Si era accorto che non ascoltavo mai canzoni della mia età, preferivo La bambola di Patty Pravo. Con Rodari ci fu un intenso scambio epistolare e poi Gianni gli inviò una serie di filastrocche. Ancora oggi quel disco e quei testi vengono proposti nelle scuole».
Dopo il buco nero dei novanta, la riscoperta nel nuovo millennio: Battiato incide Aria di neve e Te lo leggo negli occhi nel suo primo Fleur (1999). «Papà ne è stato felice, l’ha anche chiamato. Un cantautore che omaggia un altro cantautore non è cosa di tutti i giorni. Ora è amatissimo, conosco sedicenni che hanno riscoperto il suo repertorio».
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