Visioni

Senza speranze e illusioni, Euripide riletto da Binasco

Senza speranze e illusioni, Euripide riletto da BinascoDa sinistra G. Anzaldo, S.Bertelà, G. Drago in «Oreste» – foto di Luigi De Palma

A teatro L'attore e direttore artistico dello Stabile piemontese porta in scena «Oreste» e «Ifigenia»

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 4 giugno 2022

Valerio Binasco, che dello Stabile di Torino è direttore artistico, porta in scena due tragedie di Euripide, da lui tradotte ma anche «adattate» nella traduzione, seguendo un preciso disegno interpretativo che apre squarci nuovi su quegli antichi testi. I titoli sono Oreste e Ifigenia (alle Fonderie Limone di Moncalieri fino al 12 giugno, sabato e domenica in maratona al pomeriggio), e sono stati scritti diversi decenni dopo quelli classici che conosciamo meglio perché più spesso rappresentati, ovvero i protagonisti della vicenda raccontata nella Orestea di Eschilo.

QUESTA ha per protagonista Oreste che, spinto dalla sorella Elettra, uccide la madre Clitennestra e il suo compagno Egisto, dopo che questi hanno ucciso Agamennone al ritorno dalla estenuante guerra di Troia. La tragedia eschilea segna l’inizio della nuova civiltà ateniese, la nascita della democrazia: il primo tribunale popolare della storia assolve il figlio dall’uccisione del padre, in uno stato pacificato e «civile», dove un tribunale umano ha l’autorità per ristabilire un nuovo ordine democratico.
Nei successivi decenni del quinto secolo a.C. però, la situazione di Atene era di nuovo precipitata nella violenza e nel disordine. E Valerio Binasco assume questo momento, messo in scena da Euripide, per dare la sua personale lettura della tragedia degli Atridi, ovvero Agamennone e suo fratello Menelao, che hanno sì sbaragliato la nemica Troia, ma non possono che raccogliere sangue dalla conclusione della loro vicenda familiare.

Spettacolo duro e robusto, gli attori rispondono con generosità. E se non si possono nominare tutti, non si possono non ricordare le signore sorelle dannate Arianna Scommegna e Sara Bertelà

Una ventina di anni fa Massimo Castri aveva preso, sempre da Euripide, la Ifigenia in Calcide (con una meravigliosa e naive Anna Maria Guarnieri) rispetto a quella in Aulide scelta da Binasco, e la morale non era certo più «ottimista». Qui però non ci sono proprio speranze, né tanto meno illusioni, sulla moralità umana, e neanche sulle sue prospettive. Cancellato ogni elemento di speranza possibile, come l’intervento di Apollo che nell’originale euripideo distribuisce ai personaggi nuovi ruoli e destini, Binasco (che è Agamennone nella prima delle due tragedie) affoga tutti i personaggi in un bagno di sangue molto pulp e contemporaneo (c’è anche un’automobile), che non concede alcuna speranza non solo negli dei, ma tanto meno negli uomini.

LO SPETTACOLO è duro e robusto, gli attori rispondono con generosità. E se non si possono nominare tutti, non si possono non ricordare le signore sorelle dannate (Arianna Scommegna è prorompente Clitennestra, Sara Bertelà la peccatrice e sciammannata Elena), e poi Nicola Pannelli, Jurij Ferrini, Giovanni Calcagno, mentre tutta la virtù è affidata a Giordana Faggiano, prima Ifigenia e poi Elettra. In uno spettacolo «forte», che certo vuole riaprire la discussione sulla tragedia nostra contemporanea.

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