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Sentire, pensare e dire con gli emoji

Sentire, pensare e dire con gli emoji

Verità nascoste La rubrica settimanale di Sarantis Thanopulos

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 30 maggio 2015

L’uso di emoji, la scrittura ideografica presente in tutti gli smartphone, sta cambiando lo stile della comunicazione rapida in tutto il mondo. Il fenomeno comincia a essere studiato. Match.com, un importante sito di appuntamenti, ha pubblicato a Febbraio un sondaggio tra 5.675 single, uomini e donne, statunitensi in cui si evidenzia una correlazione positiva tra l’uso di emoji e l’attività sessuale.

Nel 2014 il 54% di coloro che ha usato gli emoji ha fatto sesso, almeno una volta al mese. La percentuale scende al 31% tra coloro che non ne ha fatto uso. Gli utilizzatori ottengono più facilmente appuntamenti e hanno più possibilità di sposarsi: 62% contro 30%.

Sfortunatamente i ricercatori non hanno chiarito un punto importante: sono gli emoji a favorire appuntamenti, sesso e matrimonio finale oppure sono coloro che sono più fortunati in amore a fare più uso della scrittura ideografica?

Le ricerche sui fenomeni alla moda attirano spesso ricercatori e studiosi alla moda. Steven Pinker, professore di psicologia a Harvard, ha pubblicato Settembre scorso un libro, «Il senso dello stile», un’ ambiziosa «guida allo scrivere delle persone pensanti nel ventunesimo secolo». Pinker (che sembra sia molto influente negli Stati Uniti) considera i libri accademici troppo lunghi e noiosi: da una parte non gli si può dare torto, dall’altra, Engels continua ad ammonirci che non c’è via regia al sapere.

Resta il fatto che colpiti dall’invito di Pinker ad essere più comunicativi, molti ricercatori hanno cercato di descrivere sinteticamente la loro attività su twitter, usando parole miste con emoji. I risultati sono stati tragicomici. Memorabile il tweet di una studiosa del diabete che diceva di agire come lepre e come tartaruga di mare. Nella maggior parte le descrizioni erano incomprensibili e solo il ritorno in vita di Champollion avrebbe potuto renderle decifrabili.

L’uso di emoji è efficace sul piano comunicativo quando riesce a produrre un testo che è ironico e diretto. L’essenzialità della forma e la condensazione dei contenuti alleggeriscono il lavoro psichico alla base della ricezione del messaggio e producono un effetto distensivo che facilita il contatto, predispone alla comunicazione.

L’ironia si accorda bene con questo meccanismo, che funziona nella sua stessa direzione, e aggiunge il proprio lavoro. Sospende, senza abolire, la censura di sentimenti repressi e di pensieri rimossi (incompatibili con la correttezza formale della relazione tra i comunicanti) e rende l’espressione dei sentimenti più immediata e sincera. La comunicazione ironica con gli emoji, consente di sostare tra il dire e il non dire, dove le cose dette, pur essendo dirette, non sono pietre che pesano. Si giova della libertà e della discrezione che alloggiano nell’allusione e trasforma l’immediatezza in prossimità.

Tuttavia, la scrittura emoji stenta in modo evidente quando è usata per rappresentare emozioni e pensieri complessi.

La rappresentazione per immagini stilizzate manca della ricchezza di connessioni e della plasticità della costruzione del discorso che offrono il testo scritto o l’opera pittorica. Di conseguenza irrigidisce il movimento/espansione del gesto psicocorporeo di apertura al mondo, che è all’origine di ogni nostra espressione. Si trova a disagio nell’area dell’incertezza tra tra ciò che riusciamo a sentire e ciò che ci sfugge, sentimenti che assumiamo e sentimenti in cui facciamo fatica a riconoscerci.

Non riuscendo ad afferrare la potenzialità del nostro sentire, la scrittura emoji mente quando si cimenta con l’espressione del nostro modo di essere.

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