Sementi amare che producono frutti dolci
Festival di Locarno Intervista a Julio Bressane in occasione della prima mondiale di "Beduino" in prima mondiale al festival
Festival di Locarno Intervista a Julio Bressane in occasione della prima mondiale di "Beduino" in prima mondiale al festival
«Beduino», trentesimo film di Bressane (senza contare i cortometraggi), in prima mondiale al festival di Locarno, è giocato tra due soli personaggi all’interno di una casa, gli splendidi attori Alessandra Negrini e Fernando Eiras una coppia curiosa alla ricerca della «cosa più difficile»: «comprendere e comprendersi». Esplorazione e avventura filosofica di abbacinante sensualità (per la materia viva e flagrante dei corpi e delle lingua portoghese, per la messa in scena preziosa delle forme, dei gesti e delle figure), Beduino è un film dalla ricchissima tessitura intertestuale: tutto un vertiginoso danzare e trascorrere dalla piramidi azteche alla roccia di Surley dell’eterno ritorno, dal Pendolo di Foucault al détournement geniale di film precedenti del regista, A Fada do Oriente e soprattutto Memórias de um estrangulador de loiras. Mentre sta per uscire in Brasile un nuovo volumetto di scritti del regista (che si intitolerà Ab-cena) Bressane ha concesso in anteprima ad Alias uno scritto dedicato a Beduino (che è un piccolo saggio in forma letteraria sull’amore più che la semplice «spiegazione del film») e ha risposto in forma scritta ad alcune domande che gli abbiamo posto.
«Beduino» fa seguito a «Edução sentimental» e «Garoto», ma era stato pensato prima, come è avvenuta la preparazione e la decantazione del film nel corso di molti anni? Non pensi che i tre film siano legati tra loro e che vi si profili un’ombra autobiografica?
«Masticare le sementi amare che producono i frutti dolci», scrive, nel IV secolo, in una lettera, San Girolamo. Ho impiegato 14 anni per arrivare a questo film. Ho raggruppato, disgiunto, esaminato molti e molti fili che provenivano dalla mia curiosità. Sono riuscito – nel fuggire degli anni e per mia fortuna – a riunire un gruppo di artisti coi quali realizzare, tutti insieme, il film. Siamo arrivati al convincimento comune che era necessario cambiare, spostare il centro di gravità della creazione di un film per tornare ad ancorarlo all’antico concetto di produttore-regista: produrre il film nella sua totalità. Le scene hanno assorbito l’impatto, la grande energia dei due attori. Il lavoro, l’esperienza, la comprensione, la dedizione e la volontà di Alessandra Negrini e Fernando Eiras hanno dato vita, hanno costruito le inquadrature di Beduino. L’interpretazione, il tono, il ritmo, il timbro delle loro voci, hanno trapiantato nelle immagini le variazioni, la memoria di sonorità recondite.
Perché facciamo un film?
Una forza? Un pathos indefinito?
Questo non basta. Questo non dice tutto.
Qualcosa di non detto, di cui non sappiamo la ragione, ci attira, ci lancia, davanti al nulla.
La cosa è misteriosa.
Qualsiasi atto molto cosciente può condurre a perdere tutto in una creazione…
Qualsiasi creazione possiede anche, in maniera involontaria, un’estensione autobiografica. Educação Sentimental, Garoto, Beduino sono forse posseduti da questa espressione. Uno dei due piedi posa nell’autobiografia, ma l’altro salta al di là di essa.
C’è una forza che si perde, che si distacca e prosegue per un lungo campo notturno, dove ciò che si sente è un sintomo di ciò che si nasconde alla vista.
Nel secolo XVII, Antonio Vieira, nell’immaginare una visione stupenda, disse una volta: «siano i sensi fuori dalla loro sfera e inaugurino il vedere con le orecchie e l’udire con gli occhi»…
Per te l’immagine è sempre immagine di una lingua, puoi dirci qualcosa sulla costellazione di scrittori che viene attraversata in «Beduino»?
Di notte, nell’oscurità dominante del cielo, vediamo piccoli punti luminosi. L’oscurità domina il cielo. Questa oscurità notturna, che inonda la nostra visione, è la luce di milioni di stelle che si spengono e la luce che emettono non arriva fino a noi. Stelle distanti, perdute… Non sappiamo che cos’è la vita, e per noi ciò che più somiglia alla vita è il sogno / incubo. Il sogno e l’immaginazione sono un’arte combinata che giochiamo con il fondo della memoria ancestrale dell’umanità. La sorprendente arte della trasfigurazione delle anime…
Sono un lettore. Nel corso di molti anni ho raccolto, nella prosa della letteratura in lingua portoghese, testi, frasi, parole, immagini, che riproducono una musica in cui certi stati dello spirito, stati poetici dell’anima, sono una suggestione, una piccola suggestione, del ritmo, del vernacolo, della sintassi musicale della lingua.
Una musica inattuale della lingua portoghese. Il segreto di una sonorità dove i registri mutano da un linea a un’altra linea …
L’immagine, come regola generale, possiede quasi sempre una propria articolazione legata a un testo, a una frase, e talvolta a una sola parola.
Anche se mostrassi qui, in rassegna, un gran numero di autori da cui ho tratto certe immagini e frasi, sarebbe insufficiente a esaurire le allusioni e i riferimenti di Beduino.
«Beduino» ha una struttura a «quadri» (non solo in senso di scena ma anche come carta da gioco) nel perpetuo e reciproco rappresentarsi dei due personaggi sotto forma di gesti e figure. La «messa in scena» è al centro del film, diventa essa stessa interrogazione permanente, filosofica: «Chi siamo noi?»
L’esistenza umana manifesta il suo stare al mondo sotto forma di gesti.
Il rito dell’intimità è un gesto artistico maschile / femminile, insinuare gesti di un pittore e di una violinista, un’intimità che satura gli occhi spingendoli a volgersi sopra il proprio modo di esistenza.
Il gesto di girare al contrario una maschera indica una ricerca del senso…
La deliziosa delicatezza delle ombre, traduzione degli elementi significanti, impone l’inclusione delle materialità del cinema in ciò che è rappresentato. Perché la materialità del cinema, le sue proprietà, è di stare in scena in quello che è intimo. Incoffessabili desideri di curiosità dell’intimità della vita e di se stessi.
Spostare il centro di gravitazione verso la produzione significa riportare il cinema a un’antica e mai scomparsa pratica di creazione?
Una possibile approssimazione del cinema alla pittura (almeno alla pittura di atelier) è il fatto che ambedue sono fatti da molte mani.
Ogni film deve essere un’invenzione di produzione. Una maniera radicale di trasformare la tessitura dell’immagine. La produzione è la forza gravitazionale capace di rivoltare il tessuto dello spazio tempo…
Finalmente la postura del mendicante cieco, derivata dalla pittura, può venire compresa come un’ attesa paziente di ascolto…
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