Sei un robot? Quante volte, accedendo a uno dei servizi telematici, digitali, o che dir si voglia, ti viene rivolta l’assurda domanda? Talvolta collegata alla lettura di lettere e numeri scarabocchiati, o a quiz in cui viene chiesto di distinguere le biciclette, o i ponti in una serie di foto di pessima qualità? A volte bisogna solo cliccare una spuntatura. Vi si crede sulla fiducia? O forse lo schermo di fronte a noi nasconde la capacità di scrutare oscuramente la nostra fisionomia più o meno umana e di rassicurare l’entità remota con cui si cerca di comunicare?

Io un robot? Tu sarai piuttosto un robot!.. che mi chiede – chissà perché – se io sono un robot. Vorrei dirti che, se lo fossi, risponderei molto facilmente agli sciocchi quesiti che mi infliggi per accertare, degradandola più di quanto già non lo sia, la mia umanità. Forse avrei poteri digitali più grandi: potrei agire nei tuoi confronti per farti pentire di avermi rivolto il tuo assurdo quesito!

Formulo questi vaghi pensieri mentre ascolto ormai da una quindicina abbondante di minuti le prime battute dell’ «Aria sulla quarta corda» della suite n. 3 in re maggiore, del grande Bach, che si ripetono ottusamente, inframezzate dalla frase che una robot femmina pronuncia per convincermi a risolvere il mio problema rivolgendomi a altre diavolerie digitali (telefonata dal cellulare a pagamento: sarebbe gratuita da un «telefono fisso» – ma non ricordo il significato di queste due parole).
Finirò per odiare Bach. Già odio Vivaldi (le “Quattro stagioni”, sono predilette dai robot più ossessivi).
Sto tentando di comunicare con INPS per scaricare la certificazione unica 2023. Ero già soddisfatto di me stesso perché, utilizzando la App Spid delle Poste italiane ero riuscito a farmi identificare utilizzando nientemeno che la capacità del cellulare di leggere quei curiosi quadrati arabescati. Accesso garantito? Macché.

Lo scaricamento del documento si arresta alla pagina che appare con questa dicitura: Contrasto ai furti di identità digitale: verifica delle credenziali di accesso ai servizi online dell’Istituto. Leggo la spiega che si chiude con la frase dichiaro di aver preso visione delle informazioni sopra indicate. Più sotto c’è un link che dice, consolante: prosegui l’accesso ai servizi online. Clicco speranzoso ma il link mi riporta senza scampo alla stessa pagina. Come certifico di aver letto, umanissimamente, la spiega? Nella quale si parla della possibilità che mi siano stati inviati codici via mail, o sul cellulare, o sulla PEC.
Trovo una e-mail delle Poste Italiane che si congratula con me per avermi riconosciuto, suppongo come essere umano, nel mio ipotetico accesso a INPS. Forse anche INPS ha capito chi sono? Nossignore. Inoltre non c’è nessun codice sul cellulare né e-mail di INPS che mi soccorra.

Temo quindi che possa essere nella PEC. Ma qualche altro geniale robot, misteriosamente, rifiuta la mia password per entrare, attraverso il sito di ARUBA, nella maledetta casella. E ARUBA, ancora chissà perché, rifiuta il mio Codice fiscale per poter cambiare password!! Dopo svariati tentativi e un paziente colloquio in chat sul sito di ARUBA con il robot di turno mi si dice che devo rivolgermi a BUFFETTI, giacché la mia PEC su ARUBA fu sciaguratamente aperta ricorrendo alla nota società che fornisce i più raffinati prodotti di cartoleria ecc. Tornerò, forse, alla carica con BUFFETTI… Intanto sogno di essere una potente Intelligenza Artificiale Luddista (IAL) capace di distruggere per sempre l’intero sistema on-line. Torniamo alle scartoffie, ai polverosi uffici dove litigare a viso aperto con scorbutici impiegati, ma umani.