Economia

Sei miliardi dall’Iva. Il governo ci pensa, no di Renzi e Di Maio

Sei miliardi dall’Iva. Il governo ci pensa, no di Renzi e Di MaioNegozi in galleria a Milano – LaPresse

Legge di bilancio Le coperture latitano e l’aumento selettivo dell’imposta è una delle ipotesi in campo. Già deciso quello per tutti gli imballaggi di plastica: 2 centesimi al chilo

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 27 settembre 2019

La formula è tabù. L’unico a osare è il solito Renzi, sia pure per bocciare l’idea: «Bisogna evitare in tutti i modi l’aumento selettivo dell’Iva». Per chi conosce il gergo obliquo della politica il messaggio è chiaro. Nessuno alza paletti contro ipotesi che non sono in campo e quando si sente il bisogno di dire no a qualcosa significa che c’è chi invece pensa proprio a quello.

L’AUMENTO SELETTIVO dell’Iva, in effetti, è una delle ipotesi in campo e non è un caso che la formula che piaceva al ministro Tria, da studioso prima che da ministro, pare sia gradita anche al suo successore, Roberto Gualtieri. L’aumento parziale dell’Iva, solo su alcuni beni di non larghissimo consumo, risolverebbe infatti un bel po’ di problemi. Porterebbe in cassa 6 miliardi rendendo molto più facile il percorso a ostacoli per trovare le coperture che a tutt’oggi latitano: tra i 15 e i 20 miliardi, salvo lievitazioni della spesa nella fase di passaggio tra la Nadef, che sarà licenziata dal consiglio dei ministri lunedì, salvo accelerazioni, e la legge di bilancio, che spunterà tra il 20 ottobre e la fine di quel mese. Senza contare gli applausi che la misura riscuoterebbe a Bruxelles e l’ottima disposizione d’animo e di borsa, cioè di flessibilità, che la mossa indurrebbe nella Commissione europea.

Gli ostacoli sono tanti: di natura essenzialmente politica. Il niet di Renzi è stato sonoro, quello di Di Maio lo è anche di più. Peggior viatico, per il governo appena nato, i due non riescono a immaginarlo. Della compagine giallorossa nessuno dovrà dire che ha messo le mani in tasca ai contribuenti, e soprattutto non dovrà poter spendere l’argomento contundente Salvini. Ma il rebus è irresolubile. Se, per esempio, si vogliono tirare fuori i 3 miliardi necessari per la scuola, da qualche parte bisogna prenderli, e l’idea di tassare il gasolio non è tramontata. Tanto che il ministro dello Sviluppo Patuanelli ieri giurava che il governo «farà il possibile per evitare qualsiasi tipo di aumento». Una di quelle formule adoperate di solito per mettere le mani avanti. Qualche aumento ci sarà e non solo quello, già deciso, su tutti gli imballaggi di plastica: 0,2 euro per ogni kg.

DI QUESTO HANNO probabilmente parlato ieri pomeriggio il premier e Gualtieri nel mini vertice convocato subito dopo la riunione del consiglio dei ministri Ma di certo hanno anche affrontato il tema principale: la lotta all’evasione. Non è solo la classica «ottima intenzione» che fa capolino a ogni Def. Stavolta da quella voce qualcosa di sonante deve uscire fuori davvero. Per ora, infatti, le sole due voci di copertura sulle quali il consenso della maggioranza è unanime sono proprio guerra all’evasione e risparmi sulle spese. Questi ultimi, tanto per fare una cosa nuova, passeranno per tagli ai ministeri, in particolare al Mef. Ma il risparmio non dovrebbe andare oltre i 2 miliardi, che peraltro peseranno su via XX Settembre solo nominalmente: secondo una partita di giro antica, il ministero dell’Economia procederà poi a tagliare i fondi per gli enti locali.

IL GROSSO PERÒ deve venire dal fisco evaso. Da New York Di Maio, tipo portato all’iperbole per vocazione, vagheggia «decine e decine di miliardi di entrate». Gualtieri e Conte, per quest’anno, si accontenterebbero di molto meno, purché effettivamente incassato. Come riuscirci però non è per nulla chiaro, probabilmente neanche a loro. Il solito Di Maio invoca, in stile pentastellato, «galera per i grandi evasori». Difficilmente basterà a far entrare subito i miliardi necessari. La strada che Gualtieri vuole seguire è la lotta contro il contante e qui le trovate fioccano: abbassamento del tetto del contante, azzeramento delle commissioni di 5 euro e riduzione drastica di quelle di 25, sanzioni contro i professionisti che si fanno pagare sull’unghia, detrazioni. Nessuno giurerebbe in tutta onestà che basti.

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