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Sei italiani ancora in carcere dopo il G20 di Amburgo

Sei italiani ancora in carcere dopo il G20 di AmburgoRoma, presidio per la liberazione degli arrestati ad Amburgo all'Ambasciata tedesca – Patrizia Cortellessa

Detenuti con altre 29 persone da quasi un mese. A sostegno degli arrestati e contro la carcerazione preventiva è partita una campagna di solidarietà in Germania e in Italia

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 3 agosto 2017

Sei italiani sono agli arresti dal 7-8 luglio ad Amburgo per avere partecipato alle manifestazioni contro il G20 di Amburgo: Fabio Vettorel e Maria Rocco di Feltre, Alessandro Rapisarda e Orazio Sciuto di Catania, Riccardo Lupano e Emiliano Puleo. Gli attivisti sono stati arrestati insieme ad altre 51 persone. Oggi in carcere ne restano 35, 22 tedeschi e 13 stranieri. Cinque arrestati italiani si trovano nel carcere di Billwerder. Il sesto, con un’età inferiore ai 21 anni, è detenuto nel carcere di Hanöfersand.

Martin Dolzer (Linke) sostiene che «la maggior parte degli stranieri hanno accuse minori rispetto ai tedeschi che sono stati rilasciati. Persino l’offerta di una cauzione o la residenza in Germania in attesa del processo non hanno favorito il loro rilascio finora». Ad alcuni di loro è stato proibito anche l’accesso alla biblioteca «perché i manifestanti non hanno bisogno di leggere».

«È un caso di abuso dei diritti umani e un segnale che lo Stato prova a punire i manifestanti provenienti da altre nazioni, in contrasto con la legge tedesca ed europea – aggiunge Dolzer – In nessun caso sono emersi elementi probatori tali da giustificare il trattenimento in carcere dei nostri connazionali – aggiunge Erasmo Palazzotto (Sinistra Italiana) – Nel caso di Maria Rocco, la ragazza è stata tratta in arresto mentre portava soccorso ad una ragazza ferita con una frattura scomposta alla gamba».

A sostegno degli arrestati è partita una campagna di solidarietà. Sono stati organizzati presidi a Roma, Milano, Venezia, Palermo e Catania; una petizione del circolo «Peppino Impastato» di Rifondazione a Partinico ha raccolto oltre 1400 firme; la campagna «Scrivimi» dell’Osservatorio contro la Repressione invita a inviare lettere agli arrestati; Pd, Sinistra italiana e Movimento 5 Stelle hanno presentato tre interrogazioni parlamentari al governo italiano che non ha risposto. Il prossimo 6 agosto è prevista un’altra manifestazione a Amburgo.

«Nel cuore dell’Europa è stato creato uno stato di eccezione – sostiene Eleonora Forenza, eurodeputata dell’Altra Europa – Io stessa sono testimone del comportamento folle della polizia ad Amburgo dato che sono stata arrestata con altre 14 persone perché parlavo italiano e indossavo una felpa nera. E questo nonostante avessi mostrato il tesserino di parlamentare. Il comportamento del governo tedesco, e dell’ambasciata in Italia che si è rifiutata di riceverci è vergognoso, non intendono rendere conto di quanto sta accadendo».

Una legge ha inasprito i poteri della polizia tedesca una settimana prima del G20. È stata presentata un’istanza alla Corte Costituzionale per dichiarare illegittima la legge. La sentenza potrebbe arrivare solo tra due o tre settimane, mentre i ragazzi rischiano di restare agli arresti fino a sei mesi. Il giudice ha negato la libertà in cambio di una cauzione di 5 mila euro e i domiciliari in Germania perché ci sarebbe un «pericolo di fuga».

«A carico di mio figlio – afferma Pippo Rapisarda, padre di Alessandro, di ritorno da Amburgo – c’è un disturbo della quiete pubblica e tentata lesione. Accuse che non giustificano la carcerazione preventiva. Ho chiesto agli avvocati se la polizia italiana avesse mandato una segnalazione a quella tedesca. Non risulta nulla. Gli stessi tedeschi si sentono oppressi da questo comportamento. Sono molto amareggiato. Il governo italiano non ha ancora risposto alle interrogazioni. Alessandro ha perso il lavoro. A settembre rischia di non potersi iscrivere alla laurea specialistica. Stiamo premendo sull’ambasciata per trasferire con gli altri l’altro catanese che non parla le lingue, ma ad oggi non lo hanno trasferito. Questa situazione mi ricorda le leggi speciali degli anni Settanta in Italia».

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