Seguendo l’Italia delle periferie in vitale mutamento
«Dove ricomincia la città», un libro-reportage di Francesco Erbani per Manni Francesco Erbani dedica da quasi un ventennio il suo lavoro di «onesto giornalismo», come ama definirlo, all’esame delle nostre città, al loro mutare morfologico, ma anche alla loro anima interna, […]
«Dove ricomincia la città», un libro-reportage di Francesco Erbani per Manni Francesco Erbani dedica da quasi un ventennio il suo lavoro di «onesto giornalismo», come ama definirlo, all’esame delle nostre città, al loro mutare morfologico, ma anche alla loro anima interna, […]
Francesco Erbani dedica da quasi un ventennio il suo lavoro di «onesto giornalismo», come ama definirlo, all’esame delle nostre città, al loro mutare morfologico, ma anche alla loro anima interna, alla frantumazione e riaggregazione dei ceti sociali, alle correnti culturali profonde che ne orientano il corso. E ci ha lasciato quadri d’insieme delle devastazioni perpetrate dalle nostre fameliche classi dirigenti, vere avanguardie della distruzione del territorio nazionale, con L’Italia maltrattata (2003), I Vandali in casa di Antonio Cederna (2006), nel dolente dialogo con Leonardo Benevolo, La fine della città (2011) per passare a singoli casi come quello aquilano, con Il disastro (2010). Roma. Il tramonto della città pubblica (2013) e Roma disfatta (2016). Ma a un certo punto delle sue ricerche, del suo vagare per le città sempre in dialogo con esperti, protagonisti della vita di quartiere, urbanisti, preti, imprenditori, intellettuali, semplici cittadini, ha deciso di guardare all’altro versante delle vicende urbane. Non più o non solo all’opera di sfiguramento compiuta da imprenditori e gruppi finanziari senza memoria e senza orgoglio della nostra passata grandezza cittadina, bensì alle figure che tentano di opporsi, che nel mutare dei processi economici vanno configurando nuovi assetti di società solidale, recuperano in forme inedite il fondo civile del vivere insieme.
HA INIZIATO con Non è triste Venezia (2018) e ha proseguito più largamente con L’Italia che non ci sta (2019). Ora, coerentemente, ci propone Dove ricomincia la città. L’Italia delle periferie. Reportage dai luoghi in cui si costruisce un Paese diverso (Manni, pp. 235, euro 15). Erbani, che sceglie di raccontare la vita ai margini delle città, in quelle periferie ormai difficili da definire nella loro complessità, dichiara esplicitamente le sue intenzioni: «In questo libro tento di raccogliere l’esperienza di chi, in contesti urbani difficili, bollati da un marchio d’irreparabile sventura, dà vita a iniziative diverse, solitamente organizzate dal basso e prova a riscrivere a storia di questi luoghi, convinto che il finale non sia inesorabile». Un atto di fiducia che si trasforma nella quasi certezza che proprio in questi luoghi va germinando l’Italia diversa alla quale tendiamo: «si fa forza di un’ipotesi quotidianamente sottoposta a verifica, secondo la quale in quei contesti si possano costruire occasioni di socialità, di cultura, di espressione artistica, politiche in senso largo e persino possibilità di lavoro sfumate altrove».
In che cosa consistono le dinamiche che rendono queste realtà lontane dai centri storici, prive di servizi avanzati, rese lontane dalla povertà dei trasporti pubblici, com’è il caso di Roma, che danno ai territori marginali una nuova energia sociale? Sono, racconta Erbani, la costruzione di biblioteche di quartiere, le iniziative per bambini e per anziani, i corsi di lingua per stranieri e italiani dealfabetizzati, l’organizzazione di feste e pranzi comunitari, l’azione dei presidi scolastici fuori dalle mura, l’istituzione di servizi, come la riparazione e il riuso di biciclette, il lavoro di elevazione culturale ed estetica dei luoghi dove sono attivi «sociologi urbani, antropologi, architetti, urbanisti, educatori, operatori culturali, esperti di cinema e di teatro o anche di nuovi linguaggi artistici». Ai margini dei centri storici, sempre più svuotati dalla disneylizzazione degli spazi, dalla marginalizzazione della città pubblica, vanno sorgendo, in antagonismo alle vecchie piaghe della periferia forme nuove di vita associata prodotte originalmente da personaggi, spesso giovani del luogo, che fanno una politica delle cose, delle relazioni umane, dei processi emancipativi delle persone.
FIGURE SOCIALI portatrici di stili di vita lontani dalla logica dello spreco, della competizione, della carriera, del ricerca dello status symbol, inclini alla difesa dell’ambiente, dove il volontariato ma anche il lavoro precario giocano un ruolo importante.
Erbani ritrova queste realtà qui appena evocate nella periferia di Roma, a Tor Bella Monica, al Laurentino 38 – visitato in compagnia del suo ideatore, Pietro Barucci – a Corviale, alle Vele di Scampia, a Napoli, a San Berillo a Catania, a Porto Marghera, animata dal centro sociale di Rivolta, alla Barriera di Milano, a Torino.
Non è ancora certo il mondo nuovo che vogliamo, ma la ricerca di una strada che sfugge alla rassegnazione, al nulla dei partiti e crea, pur nella disattenzione generale, esperienze di vita che somigliano tanto al riscatto civile e al conseguimento della dignità umana che dovrebbe costituire il fine della politica.
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