Segni ereditari: la scia di Mendel
Portiamo con noi un messaggio dal passato, racchiuso nel DNA di ogni nostra cellula. Metà proviene da nostra madre e metà da nostro padre. Ben prima che si sospettasse l’esistenza del DNA, qualcuno ha spiegato le regole con cui questo messaggio passa di generazione in generazione. Si chiamava Gregor Mendel; era un monaco agostiniano di Brno, in Moravia, allora parte dell’Impero Austroungarico; è morto senza che nessuno riconoscesse il valore delle sue scoperte. Quest’anno, nel secondo centenario della nascita, verrà ricordato da Bergamo Scienza e dall’Associazione Genetica Italiana, il 1° ottobre.
Con le poche conoscenze di cui Mendel disponeva, scoprire le regole dell’eredità è stata un’impresa intellettuale sbalorditiva. Ce l’ha fatta perché, con esperimenti ben pensati e ragionamenti rigorosi, è riuscito a dimostrare che esistono cose che non si vedono al microscopio (lui li chiamava fattori, nel 1909 Wilhelm Johannsen li battezzerà geni) grazie a cui le caratteristiche degli organismi viventi si trasmettono da genitori a figli. Dunque, Mendel è il padre della genetica, e non solo: senza genetica non si capisce l’evoluzione.
Che evoluzione e genetica siano due facce della stessa medaglia oggi è scontato. Ma non è stato sempre così: le due discipline si sono sviluppate in maniera indipendente e in parte in polemica l’una con l’altra. Darwin aveva capito che nel corso del tempo da antenati comuni si evolvono nuove specie, con nuovi organi e nuove specializzazioni, ed è l’ambiente a guidare la loro trasformazione. Aveva capito anche che le differenze fra individuo e individuo, quella che oggi chiamiamo biodiversità, non le crea l’ambiente, ma esistono per conto loro. Ma al suo brillante ragionamento mancavano due elementi, tutt’altro che secondari: non sapeva dire da dove saltassero fuori queste differenze (oggi lo sappiamo: dalle mutazioni spontanee del DNA), né come passassero da una generazione all’altra.
C’era chi avrebbe potuto dargli una mano: negli stessi anni, in un monastero della Moravia, a furia di incrociare piante di pisello Gregor Mendel stava appunto scoprendo le leggi dell’eredità. Era uno scienziato geniale, ma isolato; e gli mancava il talento dell’autopromozione. Nel 1865, cioè sei anni dopo la pubblicazione del capolavoro di Darwin, L’Origine delle specie, Mendel presenta alla Società per lo studio delle scienze naturali di Brno una comunicazione dal titolo poco accattivante, Esperimenti sull’ibridazione delle piante. Ne fa stampare 40 copie e le spedisce ad altrettanti colleghi; di 11 copie conosciamo la destinazione, delle altre no. Secondo una consolidata leggenda, una di queste arriva sul tavolo di Darwin, e lì resta fino alla sua morte, intonsa.
Non sarà vero, ma è plausibile: Darwin era il naturalista più famoso dell’epoca, sarebbe stato logico chiedergli un parere. Invece ci vorranno altri quarant’anni perché si capisca che Mendel non ha scoperto qualche bizzarra caratteristica della pianta di pisello, ma le leggi generali dell’eredità valide per tutti gli organismi: proprio quello di cui Darwin aveva bisogno.
In un racconto di Jorge Luis Borges, un Averroè stanco e irritato non si rende conto che un viaggiatore gli sta rivelando il senso di due parole, commedia e tragedia, di cui gli sfugge il significato nel testo di Aristotele che sta leggendo, e di cui sbaglierà la traduzione. Allo stesso modo, forse a Darwin è passata sotto al naso, senza che se ne rendesse conto, la soluzione a uno dei problemi principali della sua teoria.
C’è voluto quasi un secolo perché la teoria darwiniana dell’evoluzione e quella mendeliana dell’eredità trovassero una sintesi. Solo negli anni Trenta si è capito come l’eredità mendeliana, con i suoi semi che sono o gialli o verdi, spieghi anche come si trasmettano le caratteristiche di animali e piante che tanto interessano agli evoluzionisti. È grazie a questa sintesi che oggi abbiamo fatto colossali passi avanti, nell’agricoltura e nella clinica. Ma c’è di più: oggi la lettura del messaggio contenuto nel DNA ci ha aperto gli occhi su un passato remoto che sarebbe stato impossibile decifrare altrimenti. Lo studio del DNA ci sta svelando, poco a poco, la storia delle tante forme umane che si sono succedute fino a che ne è rimasta una sola, Homo sapiens; l’origine africana dell’umanità; e le migrazioni che ci hanno portati a diffonderci su tutta la terra.
La genetica ci dà anche importanti indicazioni su come preservare la nostra specie e le altre, la biodiversità: ma mettere in pratica queste indicazioni richiede assunzioni di responsabilità che la scienza non può imporre, scelte che spettano a ciascuno di noi.
*Docente di genetica all’Università di Ferrara
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BergamoScienza
Nell’ambito della XX edizione di BergamoScienza (www.bergamoscienza.it), il festival di divulgazione scientifica organizzato dall’Associazione BergamoScienza, sabato 1° ottobre alle ore 11 in programma «La genetica, dalle piante agli animali, fino alle popolazioni umane». Intervengono: Guido Barbujani, docente di genetica all’Università di Ferrara e autore di diversi studi sul DNA umano, anche antico, che hanno dimostrato come il concetto di razza non rappresenti adeguatamente la diversità umana. Michele Morgante, docente all’Università di Udine; Rodolfo Costa, docente di Genetica e Neurobiologia all’Università di Padova. Modera Agnese Collino, divulgatrice scientifica.
Organizzato dall’Associazione BergamoScienza, il festival – in programma dal 29 settembre al 16 ottobre – ha come scopo principale quello di rendere la scienza accessibile a tutti e propone gratuitamente conferenze, mostre, laboratori, tour virtuali e spettacoli, trasformando la città nel palcoscenico della scienza.
Per festeggiare il traguardo dei vent’anni, BergamoScienza tornerà completamente in presenza per accompagnare un pubblico ampio e di tutte le età alla scoperta del mondo che cambia, grazie alle voci più rappresentative della comunità scientifica nazionale e internazionale.
Tra gli ospiti: Craig Cameron Mello; Sir Andre Geim; Gregory A. Petsko; Steven Mithen; Marcella; Frangipane; Marco Velli; Marco Romoli; Linda Tacconi; Laurie H. Glimcher; Gloria Origgi; Olivier Sibony; Marco Annoni; Enrico Giannetto; Vincenzo Bronte; Barbascura X con Serena Giacomin e Agnese Collino; Federica Fragapane; Alfonso Lucifredi; Telmo Pievani con Max Casacci; Jacopo Pasotti con Donato Giovannelli; Monia Santini.
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