Un Keith Jarrett meno virtuoso e più minimale, perso in labirinti progettati da Brian Eno. Suona così l’inizio del primo lavoro in solo del pianista svizzero Stefan Aeby, frutto di tre anni e mezzo di incubazione e di riflessione sul processo di incisione di un disco. Lo studio di registrazione come strumento dunque, come laboratorio alchemico nel quale dare vita al suono: tutto ha origine dal pianoforte acustico, che però viene distorto, modificato o processato. DA QUALCHE PARTE a metà strada tra le vie segnate dall’elettronica più rarefatta, certe malinconie un po’ risapute di scuola Ecm e un gusto pop...