La nota di Arcore arriva nelle redazioni in tempo per i telegiornali del pranzo. A quell’ora le azioni Mediaset sono già a meno 7%. Silvio Berlusconi è due giorni che ascolta le lamentele dei dirigenti messi all’indice da Daniela Santanchè. La più loquace esponente della linea dura del Pdl, sicura di aver vinto lo scontro con i governisti, ha cominciato a stilare liste di proscrizione indicando al Cavaliere le «colombe» da epurare. Il partito si sta spaccando a metà e lo sta facendo in pubblico, quello che in genere accade solo al Pd. I sondaggi, che ad Arcore arrivano quotidiani, dicono che gli elettori di centrodestra non amano la rissa. Berlusconi decide di intervenire. Lo fa per dare soddisfazione ai ministri che si sentono dileggiati e ai fedelissimi che si sentono scalzati da Santanchè. Ma lo fa soprattutto perché dalla borsa valori arrivano notizie tragiche: al primo segnale di crisi le sue aziende hanno cominciato a perdere parte di quello che hanno guadagnato (tanto) nei mesi delle larghe intese. Sono soprattutto i figli Marina e Piersilvio a trovare più ascolto adesso, hanno sempre suggerito al fondatore di Mediaset di mettere al primo posto gli interessi della «ditta». Stabilità, innanzitutto, e niente partite azzardate.

Decidere di far saltare il governo sarebbe un azzardo. Sabato scorso il Cavaliere ha lasciato che fossero i «falchi» a volare. E ha chiuso la riunione pronto alla guerra. Si è convinto perché gli hanno spiegato che appena deciderà di rompere i suoi lo seguiranno tutti. Che non ci sono in parlamento maggioranza alternative. Che il presidente della Repubblica alla fine dovrà convincersi a sciogliere le camere e si potrà votare entro novembre. E che allora lui sarà ancora ricandidabile, malgrado la condanna e la legge Severino. Ripensandoci, rimasto di nuovo solo a villa San Martino, al Cavaliere ognuna di queste certezze è apparsa meno certa. Sono arrivati i primi segnali di dissenso interno, favoriti dall’arroganza dei «falchi». Qualche senatore Pdl ha cominciato a parlare di «responsabilità». Pochi ancora, ma non sono tanti quelli che servirebbero a Pd e Scelta civica per tentare un Letta-bis. La strada per le elezioni, a guardarla meglio, è ancora in salita. Anche l’ipotesi di ricandidarsi bellamente, quando la legge sulle liste pulite esclude categoricamente i condannati come lui, è tornata fantascienza. Malgrado le rassicurazioni di Ghedini, gli uffici elettorali dovranno applicare la legge. Si potrà ricorrere al Tar, certo. Ma allora il Cavaliere sarebbe di nuovo nelle mani dei magistrati.
E così Silvio Berlusconi ha deciso di mordere il freno. Nella maniera più discreta possibile, senza smentire per nulla i propositi bellicosi. Non è ancora stanco di guerra. Semplicemente, preferirebbe che qualcuno – Napolitano, Letta, il Pd – gliela evitasse. Ha avvertito Santanchè, che del resto non si allontana mai troppo da Arcore, che avrebbe dovuto sacrificarla. Ma solo un po’: si può dare la colpa alla stampa. Ma nel partito hanno capito tutti e ai governisti è tornato il sorriso. «Il dibattito all’interno del Pdl – detta Berlusconi – viene sempre più spesso alimentato, forzato e strumentalizzato dagli organi di stampa». E allora «invito tutti a non fornire con dichiarazioni e interviste altre occasioni a questa manipolazione continua che alimenta le polemiche e nuoce a quella coesione interna, attorno ai nostri ideali e ai nostri valori». Un segnale all’esterno e un punto per gli avversari di Daniela Santanchè – in primis Alfano e Cicchitto, poi tutti i ministri – che però hanno la sorpresa di ritrovare già ieri sera la signora in prima serata su Rete4 a sparare contro «il governo delle manette e delle tasse».

Ma c’è un altro segnale, più importante, che il Cavaliere ha deciso di cogliere. Gli è arrivato ancora una volta, come spesso nella storia di questi vent’anni, da Luciano Violante. L’ex presidente della camera ha detto al Corriere della Sera che è possibile che la giunta del senato sottoponga la legge Severino alla Consulta. Non ci sono precedenti, non è previsto dalla legge, la Consulta non potrebbe che non respingere il ricorso e però si concederebbero a Berlusconi un bel po’ di mesi prima di poterlo dichiarare decaduto. Il Cavaliere ha capito immediatamente. Violante, che è stato «saggio» per Napolitano e adesso lo è per Quagliariello, da una parte. Le sue aziende dall’altra. Anzi, entrambi dalla stessa parte. E così Berlusconi si è fermato. Domani dovrebbe portare a casa anche la cancellazione dell’Imu sulla prima casa. La crisi può attendere. Mediaset no.