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Lamezia Terme, il comune sciolto per mafia dove gli ex sindaci si ricandidano

Lamezia Terme, il comune sciolto per mafia dove gli ex sindaci si ricandidano

Elezioni comunali Nella sentenza del 26 settembre scorso, il Consiglio di Stato scrive: «I collegamenti, diretti e indiretti, di molti degli amministratori con la criminalità organizzata, quali emersi dalle operazioni di polizia giudiziaria, denotano una grave compromissione dell’ente con interessi di stampo mafioso»

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 11 ottobre 2019
Silvio MessinettiLAMETIA TERME (CZ)

«Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». Oggi i gattopardi, a 150 anni dal romanzo di Tomasi di Lampedusa, abitano a Lamezia, benestante città della Calabria, adagiata tra due mari. Un municipio da primato del mondo. È stato sciolto per infiltrazioni mafiose per ben tre volte in 28 anni. E i protagonisti di quelle orride stagioni non sono rincasati ad occuparsi d’altro. Ma sono ancora sulla scena. Pronti a ricandidarsi alla guida di una città che torna al voto il 10 novembre.

Come Paolo Mascaro, sindaco uscente prima che arrivasse la commissione straordinaria. Il 26 settembre scorso i giudici del Consiglio di Stato nella sentenza vergata dalla terza sezione, presieduta da Franco Frattini, l’hanno messo nero su bianco: «Ne esce confermato un quadro di elementi univoci e pregnanti che dimostra come i collegamenti, diretti e indiretti, di molti degli amministratori con la criminalità organizzata, quali emersi dalle operazioni di polizia giudiziaria, denotano una grave compromissione dell’ente con interessi di stampo mafioso tale da inficiarne il funzionamento secondo un principio democratico».

Non bastasse la permeabilità delle ‘ndrine nell’ente comunale, il consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Interno Lamorgese, ha disposto lo scioglimento dell’Asp di Catanzaro e Lamezia. Durissima la motivazione: «Accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali». Per non parlare dell’aeroporto internazionale finito sotto le macerie per il terremoto giudiziario che ha sconquassato i vertici di Sacal, la società che gestisce i tre scali calabresi. Il processo per gli imputati con rito ordinario è iniziato il 24 settembre. Aveva optato, invece, per il rito abbreviato, l’ex sindaco Mascaro, assolto il 18 luglio. Forte di questa assoluzione, poi, ha annunciato la sua ricandidatura. Stavolta senza la ciurma di liste e candidati della destra ma a capo di una civica.

La destra tradizionale si è spaccata. FdI e Forza Italia si affidano al promoter musicale Ruggero Perna. La Lega, invece, dà forfait. «Bullo istituzionale», aveva detto Pegna a Salvini. L’europarlamentare Vincenzo Sofo, compagno di Marichal Le Pen, glielo ha rinfacciato ed è finita a pesci in faccia. Oltre a Mascaro, anche un altro ex sindaco che aveva subito l’onta dello scioglimento nel 2002, Pasqualino Scaramuzzino, ha deciso di scendere in campo. Al pari di Pasquale Matarazzo, altro protagonista di quella stagione infausta che portò al primo scioglimento nel lontano 1991. A sinistra la situazione è intricata.

Faranno il loro debutto i renziani, con la lista Lamezia Viva guidata dalla transfuga Pd, Milena Liotta. Ma la concorrenza è nutrita. Il Pd presenta Eugenio Guarascio, «il re della monnezza», imprenditore di Ecologia Oggi, società che gestisce la raccolta a Lamezia e Cosenza e presidente del Calcio Cosenza. Più a sinistra è nata la lista Lamezia bene comune sulla scia di Giannetto Speranza, il sindaco della «primavera di Lamezia» dal 2005 al 2015.

Oggi Speranza appoggia la candidatura di Rosario Piccioni, consigliere comunale uscente. «Lo scioglimento non è un complotto e non è una mistificazione – sostiene Piccioni – ed è imputabile politicamente a Mascaro. Lui non ha tagliato i rapporti tra la criminalità e la sua compagine, prima e dopo le elezioni e la sua ricandidatura è una sfida allo Stato. Ma ora non è più il tempo per voltarsi dall’altra parte. Non si può cambiare discorso, non si può mettere tra parentesi la ‘ndrangheta. Il primo dovere è quello di recidere qualsiasi legame con la criminalità, la zona grigia, con quelle logiche politico-mafiose che soffocano la crescita».

La possibilità che Lamezia resti a destra, tuttavia, è concreta. Una destra clientelare, una destra frastagliata (da Forza Italia a Casa Pound). L’importante è riprendersi il municipio, il centro produttivo della regione, uno snodo aeroportuale di livello europeo. Al ballottaggio potrebbero arrivare due candidati orientati a destra. Lo dice lo stesso Piccioni che rincara: «Se così fosse, sarebbe frutto di una chiara scelta dei dem». Quanto ai 5 stelle, come sovente accade a queste latitudini, non pervenuti.

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